In questi giorni sta circolando su internet una lettera testamento che avrebbe scritto Li Wen Liang, il medico cinese che aveva denunciato per primo l’epidemia di coronavirus.
Lo scorso 6 febbraio, il medico cinese Li Wen Liang che per primo aveva lanciato l’allarme in merito al coronavirus è deceduto per aver contratto il virus. Il dottore 34enne, dopo aver parlato dell’epidemia, era stato accusato dalla polizia della diffusione di notizie false in merito, accuse dalle quali fu scagionato, una volta che il 2019 N-Cov si era diffuso. La storia di Li ha commosso il web e non solo, soprattutto dopo il suo decesso, anch’esso oggetto dalla censura del regime cinese tra smentite e conferme. In queste ultime ore su internet sta circolando una sorta di commovente lettera-testamento che il medico avrebbe scritto prima di morire.
Aveva solo 34 anni e stava per diventare padre per la seconda volta, ma purtroppo è deceduto per aver contratto il coronavirus mentre curava un suo paziente nell’ospedale di Wuhan. Questo il tragico destino di Li Wen Liang, il medico cinese deceduto lo scorso 6 febbraio e che per primo aveva lanciato l’allarme in merito al 2019 N-Cov. Per queste ragioni, Li venne accusato dalla polizia della diffusione di notizie false, accuse poi cadute per il diffondersi dell’epidemia che ha mietuto ad oggi molte vittime, tra cui lo stesso medico.
La storia del 34enne, che lascia un figlio di cinque anni ed una moglie incinta, anch’essa contagiata dal virus, ha commosso milioni di persone, molte delle quali hanno espresso la propria solidarietà sul web. Proprio sul web in questi giorni sta circolando una commovente lettera-testamento che il medico 34enne avrebbe scritto prima di morire. “Non voglio – si legge nella lettera riportata dal quotidiano Libero– essere un eroe. Ho ancora i miei genitori, i miei figli, mia moglie incinta che sta per partorire e ci sono ancora molti miei pazienti nel reparto“. “Quando questa battaglia sarà finita -proseguirebbe il medico- io guarderò il cielo, con lacrime che sgorgheranno come pioggia. Non voglio essere un eroe, ma solo un medico, non riesco a guardare questo virus sconosciuto che fa del male ai miei pari e a così tante persone innocenti. Anche se stanno morendo, mi guardano sempre negli occhi, con la loro speranza di vita“.
Il medico poi parla del suo tragico destino scrivendo: “Chi avrebbe mai capito che stavo per morire? La mia anima è in paradiso, guardando quel letto bianco di ospedale, su cui giace il mio stesso corpo, con la stessa faccia familiare. Dove sono mio padre e mia madre? E la mia cara moglie, quella ragazza per cui stavo lottando fino all’ultimo respiro“. “Preferirei non andare, preferirei tornare nella mia città natale a Wuhan. Ho la mia nuova casa lì appena acquistata, per la quale devo ancora pagare il prestito ogni mese. Come posso rinunciare? Come posso cedere? Per i miei genitori perdere il figlio quanto deve essere triste? La mia dolce moglie, senza suo marito, come potrà affrontare le future vicissitudini?“.
La lettera si conclude, riporta Libero, con delle parole struggenti: “Addio, Wuhan, mia città natale. Spero che, dopo il disastro, ti ricorderai che qualcuno ha provato a farti sapere la verità il prima possibile. Ho combattuto -scriverebbe il dottore citando San Paolo– la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho conservato la fede. Ora c’è in serbo per me la corona della giustizia“.
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