Coronavirus, il giallo dei pazienti zero in Italia

Coronavirus, ancora non identificato il paziente zero di Codogno: il rischio è che in Italia ce ne sia più di uno, la situazione può aggravarsi

Coronavirus
(Getty Images)

L’epidemia da coronavirus in Italia è, purtroppo, in costante espansione. In aumento i casi di decesso (sette, per il momento, i morti) e di contagio, che hanno superato i 200. Un’epidemia, nel nostro paese, partita da Codogno, in provincia di Lodi. Con un mistero ancora irrisolto: quello del paziente zero, cioè da cui il contagio si è originato, arrivando poi a diffondersi in altre zone. L’individuazione sarebbe fondamentale, ripercorrendo a ritroso tutti i suoi contatti, per provare a isolarlo ed evitare la pandemia. All’inizio, si pensava si trattasse di un manager di ritorno da un viaggio in Cina a gennaio. Ipotesi però smentita, dato che questi non aveva contratto il virus.

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C’è il sospetto, vista la diffusione a macchia d’olio, che i pazienti zero possano essere anche più di uno nel nostro paese. Ne ha parlato Pier Luigi Lopalco, professore di Igiene all’Università di Pisa, all’Ansa: “E’ verosimile che in Italia si sia già alla terza generazione di casi – ha spiegato – Presupponendo che l’inizio della circolazione del virus in Italia sia iniziata verso la fine di gennaio, con un livello di allerta inferiore e quando i voli non erano bloccati, varie persone potrebbero essere state infettate. Magari in forma leggera e senza accorgersene. I molti casi sono emersi perché li abbiamo cercati, si concentrano nel Nordest che è una zona che ha grandi contatti commerciali con la Cina. La situazione è difficile da controllare, i vari focolai non sono collegabili tra loro. La circolazione è invisibile, la catena, senza il paziente zero, non è stata ancora ricostruita. Serve che tutti gli ospedali siano pronti, ma non so in quanti siano in grado di gestire la vera e propria emergenza che potrebbe derivarne. Di questo passo, si potrebbe arrivare a dover solo mitigare gli effetti, senza poter circoscrivere la diffusione”.

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