Parla la figlia di Adriano Trevisan, la prima vittima da Coronavirus in Italia in assoluto. “Non gli hanno fatto il test in tempo e per un motivo assurdo”.
Tra i morti da Coronavirus in Italia spicca il nome di Adriano Trevisan, che è stato il primo individuo a perdere la vita nel nostro Paese per cause ascrivibili alla patologia in questione. Sua figlia Vanessa ricorda il papà, deceduto a 78 anni e spirato in ospedale a Schiavonia, in provincia di Padova. Attualmente c’è una inchiesta che si sta occupando delle circostanze del decesso dell’anziano, residente a Vò Euganeo. La morte di Adriano Trevisan risale allo scorso 20 febbraio. “Ma lui non era un numero. Era una persona. Era mio padre. Il nonno dei miei figli, Nicole e Leonardo”, dice non senza una certa punta di rabbia Vanessa a ‘La Repubblica’. La 45enne, che di Vò ha ricoperto la carica di sindaco fino ad un anno fa,è attualmente sottoposta a regime di quarantena assieme alla madre Linda. Tutte e due hanno mostrato un esito positivo all’infezione da Coronavirus. E di morti la malattia ne ha fatti altri in pochi giorni.
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Di lui Vanessa dice: “Era pienamente autosufficiente, ipertattivo nonostante l’età. Guidava ed usciva da solo, con assoluta lucidità. In gioventù ha fondato con altri amici una ditta edile, contribuendo alla costruzione di mezza provincia di Padova. Amava molto la musica lirica. Da quando è andato in pensione però la sua vita si divideva tra la casa ed il bar a Vò. In ospedale gli hanno chiesto se sia stato all’estero. No ovviamente. Mi ha dato molto fastidio il fatto che ora si parli di lui come di una cifra. O di una persona vecchia, come gli altri morti da Coronavirus in Italia. La sua età non attenua certo il dolore per la sua scomparsa. Ed il nostro medico di base non ha voluto visitarlo di persona. Parlava di una semplice influenza”. Adesso indaga la Procura di Padova, che ha acquisito le cartelle cliniche di Adriano Trevisan.
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“Già giovedì papà stava male”, dice sua figlia. “Presentava i classici sintomi della malattia, ma il dottore non è venuto per auscultargli i polmoni. Domenica allora l’abbiamo fatto ricoverare in ospedale a Schivonia. Non abbiamo mai pensato che potesse avere il Coronavirus, anche perché un medico ci aveva rassicurato. Ma il personale sanitario non capiva i motivi dell’infiammazione ai polmoni che non lo faceva respirare. Ci hanno chiesto se avesse la passione del giardinaggio o se fosse stato all’estero. Non capivano. E non ha potuto fare il test per il Covid-19 perché il protocollo lo prevedeva solo per i rimpatriati dalla Cina o per coloro che riscontravano contatti con soggetti a rischio. Impensabile un collegamento con il Coronavirus”.
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Poi una dottoressa è riuscita ad ottenere il permesso per procedere con il test specifico. “L’hanno fatto giovedì 20, ricevo una telefonata da mio fratello che mi informa e trovo nostro padre in Rianimazione in biocontenimento all’ospedale di Schiavonia. Quella sera stessa è morto. I medici hanno provato di tutto per salvarlo e meritano soltanto un grazie. Ora ben venga l’inchiesta della Procura. Papà intanto è morto”. Intanto Vanessa e la madre non fanno segnare particolari problemi e le condizioni di entrambe sono buone.
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