La ristorazione e il settore alberghiero sono i due comparti che stanno soffrendo di più l’epidemia. Pagano anche i ristoranti degli chef stellati
La ristorazione e il settore alberghiero sono i due comparti che stanno pagando di più le conseguenze dell’epidemia. Ne parlano anche gli chef stellati, alcuni in difficoltà altri meno. I locali di Carlo Cracco si trovano a Milano, nella Galleria Vittorio Emanuele, centri della movida cittadina. La Lombardia, da cui è partito il temuto contagio, risulta oggi tra le regioni più penalizzate nelle limitazioni conseguenti alla istituzione delle ‘zone rosse. Lo chef stellato pur accusando il colpo inevitabile, ha scelto di non cedere al panico per dare un segnale forte: “Da noi sono stati disdetti sette tavoli per questo week end ed altri annullati nei giorni scorsi. Si tratta perlopiù di clienti provenienti da fuori Milano o stranieri” spiega. “Ma l’idea di sospendere il servizio non ci sfiora, vogliamo continuare a mandare alla città un segnale di normalità” ; sottolinea in una intervista al Corriere della Sera. A Milano c’è anche ‘Il Luogo di Aimo e Nadia’ degli chef Alessandro Negrini e Fabio Pisani, anch’essi in via di resistenza attiva: “I clienti persi, così come gli eventi annullati, rappresentano per noi un grande danno economico” ammettono. “Abbiamo però deciso di continuare il servizio. Perché crediamo sia fondamentale mandare un messaggio di normalità in mezzo a tanta psicosi. E ribadire che si può uscire e mangiare al ristorante” hanno spiegato. Nonostante ciò, non pongono limiti a provvedimenti futuri: “Certo se il numero di coperti non dovesse tornare a crescere, saremo costretti a ragionare su una chiusura parziale”. Vanno a gonfie vele, invece, gli affari per Genny Cannavacciuolo a Villa Crispi.
Crisi per i ristoranti degli chef e non solo
La ristorazione commerciale, ossia le grandi catene di ristoranti, pizzerie, bar/caffetterie, è uno dei settori potenzialmente più esposti alle conseguenze di questa emergenza. Le epidemie virali e batteriche sono un’arma potentissima -molto più pericolosa del terrorismo classico- per spaventare le masse e indurre diradare le occasioni di vita sociale. E la ristorazione è il comparto a più diretto contatto con il pubblico, ancora più del commercio al dettaglio. Anche perché la capacità di attrarre quotidianamente grandissime folle di ogni età da parte di giganti come McDonald’s e Burger King -ma lo stesso discorso vale per marchi ed esercizi nazionali ma non meno traffic buiding, come Spontini, Old Wild West, Roadhouse, ecc- è pari, se non superiore, a quella di grandi musei e monumenti. In Italia, catene come Burger King -che è l’unica a rispondere in questo momento- si adeguano alle direttive della Regione Lombardia e del Ministero della Sanità, che non prevedono -dice l’ufficio stampa- particolari interventi restrittivi al di fuori delle zone a rischio conclamato: per esempio Burger King ha chiuso il ristorante di Casalpusterlengo, ma non ha preso nessun provvedimento sui ristoranti di Milano.
Leggi anche > L’alimentazione anti-coronavirus