Giuseppe Remuzzi, direttore dell’Istituto Negri ha parlato dell’impennata di casi a Bergamo di contagio da nuovo coronavirus e delle “cose positive” portate da quest’ultimo.
Stando alle ultime informazioni che giungono dalla Cina, 7 nuovi casi di contagio nel Paese provengono dall’Italia. Nel senso che si tratta di cittadini cinesi che avrebbero lavorato in un ristorante di Bergamo. A questi si aggiungono Ivo Cilesi, bergamasco positivo al nuovo coronavirus e deceduto all’ospedale di Parma ed un neonato ricoverato al Papa Giovanni XXIII. In merito all’emergenza coronavirus è stato intervistato dal Corriere della Sera il professor Giuseppe Remuzzi, il direttore dell’Istituto Mario Negri di Milano.
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Coronavirus, parla Giuseppe Remuzzi: “Sono diverse le cose positive ‘portate’ dal virus”
La prima domanda rivolta a Giuseppe Remuzzi da parte del Corriere della Sera è se vi sia un nuovo focolaio a Bergamo. Il direttore del Mario Negri di Milano ha affermato: “Non abbiamo certezze, ma non lo possiamo escludere. Intanto i sette cinesi sono tutti da verificare: per adesso sono le autorità locali che dicono che sono risultati positivi al coronavirus, ma non abbiamo la controprova; il tampone lo hanno fatto lì. Non sappiamo – riporta Il Corriere– dove hanno contratto il virus“.
Eppure c’è anche il caso di Ivo Cilesi, il bergamasco deceduto all’ospedale di Parma. Sul punto Giuseppe Remuzzi replica: “Io vedo che il focolaio è cominciato ad Alzano Lombardo, per poi estendersi a Nembro; Cene e Gazzaniga sono lì vicino. Lì sicuramente c’è un’area molto particolare. Non sappiamo – riporta Il Corriere della Sera– a quali fattori di rischio fosse esposto Cilesi. Uno, per esempio, è il fumo, perché compromette le vie respiratorie“.
Ma questa epidemia pare abbia avuto anche dei risvolti positivi, o meglio. Avrebbe fornito delle conferme rassicuranti. Il direttore dell’Istituto Mario Negri afferma, infatti: “Sono diverse le ‘cose positive portate’ dal coronavirus. Anzitutto ho visto una straordinaria collaborazione tra colleghi di discipline diverse: pneumologi – riporta Il Corriere della Sera– che hanno lavorato con infettivologi, gastroenterologi, internisti e nefrologi. Il turno di guardia lo fanno tutti per tutti, incluso ematologi e oncologi“.
Un altro aspetto positivo sarebbe, secondo Remuzzi che le persone hanno capito come gestire l’emergenza: “Sappiamo che fino al 90 per cento di chi va al Pronto soccorso sarebbe potuto rimanere a casa. Tolto il primo momento, in cui tutti volevano fare il tampone per il Covid-19, le persone hanno capito che dovevano restare a casa tranquille: ora al Pronto soccorso va solo chi ne ha davvero bisogno“. Il coronavirus avrebbe poi insegnato un’altra grande lezione: serve collaborazioni tra le istituzioni.
Giuseppe Remuzzi: “I piccoli ospedali dovrebbero essere presidi di salute”
L’emergenza dettata dal diffondersi del nuovo coronavirus però non ha mandato in stallo il sistema sanitario o gli operatori. Nel drammatico frangente, nuove tecniche di intervento sono state adottate: “Si è rivelato importantissimo l’intervento precoce Cpap, Continuous positive airway pressure/power, che è un tipo di pressione positiva sulle vie aeree – afferma il professor Remuzzi stando a quanto riporta Il Corriere della Sera– per reclutare il maggior numero di alveoli polmonari altrimenti esclusi. In molti casi evita l’intubazione e il ricovero in terapia intensiva. A Bergamo, e in particolare in occasione del coronavirus, ci si è accorti immediatamente di quanto questo strumento poteva essere prezioso“.
Il dirigente dell’Istituto Mario Negri, da un tono molto rassicurante passa poi ad una considerazione che leggermente preoccupa. “Sarà anche vero che è come una banale influenza, ma 44 polmoniti interstiziali anomale in un ospedale medio-piccolo non le avevamo mai viste“. Sul punto Remuzzi ha precisato: “Indipendentemente dal coronavirus, i piccoli ospedali dovrebbero essere presidi di salute capaci di venire incontro ai bisogni più immediati del territorio basati – riporta Il Corriere della Sera- soprattutto su infermieri esperti e qualificati. I casi più complessi vanno trasferiti nei grandi ospedali“.
Un grande plauso va anche agli specializzandi. Remuzzi afferma: “Gli specializzandi sono un grande tema. Si sono rivelati preziosissimi e dovremmo poterli pagare il giusto e assumere al più presto. Proprio su questo giornale mesi fa ho lanciato la proposta di introdurre specialità più brevi e formazione online, per lasciare in corsia da subito e il più possibile i giovani laureati”
Ma non solo gli specializzandi. Anche i medici di famiglia stanno contribuendo in maniera determinante a fronteggiare l’emergenza. “Deve tornare a essere il perno del servizio sanitario nazionale. Il medico di famiglia – afferma Remuzzi al Corriere della Sera– è la prima persona da contattare per telefono, all’insorgenza dei sintomi, l’unica in grado di dirti se devi stare a letto o no“.
Ma la domanda più importante è quella finale, ossia quando terminerà quest’emergenza. Per il direttore del Mario Negri la risposta è questa: “Certi modelli matematici dicono che il picco dei contagi arriverà il 5 marzo e poi comincerà a stabilizzarsi. Non è detto che sia davvero così, altri modelli – riporta Il Corriere della Sera– prevedono una crescita. In Cina i casi stanno diminuendo, in Corea del Sud no. In questo momento il Nord Italia assomiglia di più al modello coreano“.
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