Coronavirus, uno dei medici impegnati a Bergamo descrive la situazione relativa alla gestione dell’emergenza sanitaria
Sale il numero di contagi e morti per l’emergenza coronavirus in Italia, con la chiusura della Lombardia e di altre 14 province nell’Italia centrosettentrionale. Situazione molto difficile in alcune zone, come a Bergamo, dove Christian Salaroli, dirigente medico e anestesista rianimatore dell’ospedale Papa Giovanni XXIII, ha rilasciato un’intervista al ‘Corriere della Sera’ raccontando lo scenario in questi momenti. “Effettuiamo una scelta sui malati all’interno del pronto soccorso, in caso di emergenza per il maxi afflusso – ha spiegato – Nei letti vengono ammessi solo coloro che hanno la polmonite da Covid-19. Gli altri tornano a casa. Una volta predisposte le prime cure, al mattino presto passa il rianimatore. Valutiamo età, quadro generale e capacità del paziente di guarire da un intervento”.
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“Siamo obbligati a scegliere nel giro di un paio di giorni, purtroppo – chiarisce – C’è sproporzione tra le risorse ospedaliere, i posti letto in terapia intensiva, gli ammalati critici. Non riusciamo a intubare tutti. Al momento, non esistono regole scritte. Ma, per consuetudine, si valutano attentamente i pazienti con gravi problemi respiratori e alle coronarie, che hanno poche possibilità di sopravvivere. Chi ha insufficienze in almeno tre organi, dobbiamo purtroppo lasciarlo andare, anche se è una frase terribile. Ma non siamo in condizione di tentare i miracoli. I decessi avvengono tutti per coronavirus, che va a incidere sui problemi pregressi. Alcuni tra noi medici escono stritolati da questa situazione, è davvero dura dover decidere di prima mattina della sorte di un essere umano. Per ora riesco a dormire la notte, provo a consolarmi pensando che qualcuno più giovane ha più possibilità di sopravvivere. I provvedimenti del governo? Forse sono un po’ generici e arrivano con una settimana di ritardo. La cosa importante è stare a casa. Vedo troppa gente in giro, raccomando alle persone di non farlo. Non sapete cosa succede qui dentro. Il diritto alla cura purtroppo è minacciato dal non potersi fare carico contemporaneamente dell’ordinario e dello straordinario. Tutto questo è come la chirurgia di guerra. Cerchiamo di salvare solo chi ce la può fare”.
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