Coronavirus Italia: l’epidemia non sarebbe arrivata direttamente dalla Cina

Coronavirus, come è arrivato in Italia? Clamorosa scoperta degli esperti dopo il picco dei contagi che ha spinto il Governo ad adottare misure drastiche.

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Coronavirus Italia (Getty Images)

Il coronavirus in Italia non avrebbe a che fare direttamente con la Cina. Secondo quanto scrive La Repubblica, i primi tre contagiati sul territorio nazionale, due turisti e un italiano rientrato da Wuhan, non hanno contagiato nessuno. A cosa è dovuto, dunque, il forte incremento di contagi nelle ultime settimane?

Coronavirus in Italia: l’epidemia non sarebbe arrivata direttamente dalla Cina

Secondo quanto si legge su La Repubblica, il coronavirus che sta spaventando l’Italia con oltre 10mila contagi, circolava in Italia da tempo ovvero prima che scoppiasse il primo caso a Codogno. La conferma arriverebbe da uno studio pubblicato dall’Istituto superiore di sanità tenendo che si basa sui dati fino al 9 marzo, cioè sui 8.342 casi positivi al Covid-19.

Tra tutti i contagiati di cui alcuni hanno raccontato cosa hanno dovuto affrontare, si registra una bassissima percentuale di bambini positivi. Nello specifico, le fasce di contagiati sono:

  • bambini tra 0 e 9 anni sono pochissimi (0,5%)
  • fascia di età tra 10-19 sono 85 (1%)
  • fascia tra 20-29 sono 296 (3,5%)
  • fascia tra 30-39 sono 470 (5,6%)
  • fascia tra 40-49 sono 891 (10,7%)
  • fascia 50-59 sono 1.453 (17,4%)
  • fascia 60-69 sono 1.471 (17,7%)
  • fascia 70-79 sono 1.785 (21,4%)
  • fascia 80 anni sono 1.532 (18,4%).

Per quanto riguarda i decessi, il numero maggiore riguarda la fascia dell’età più alta ovvero tra i 70 a 79 anni dove i decessi sono stati 114 (31,9%) mentre nella fascia d’età superiore agli 80 anni i decessi sono stati 202, cioè 56,6%.

Nella fascia d’età tra i 40 e i 49 anni si registra un solo decesso. Tre sono dicessi nella fascia tra i 50 e i 59 anni e trentasette morti nella fascia tra i 60 e i 69 anni.

“Sono stati diagnosticati – fanno sapere gli esperti dell’Istituto superiore di sanità – 583 casi tra operatori sanitari, indicando la possibilità di trasmissione nosocomiale dell’infezione. Questo dato potrebbe essere sottostimato in quanto per una parte dei casi, soprattutto quelli diagnosticati più recentemente, non è stata ancora completata l’indagine epidemiologica”.

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