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Coronavirus, nuovo studio americano sui tempi di quarantena

Coronavirus (Getty Images)

Un nuovo studio condotto dall’università americana John Hopkins e pubblicato sulla rivista scientifica Annals of Internal Medicine conferma i tempi

Uno studio condotto dall’università americana John Hopkins e pubblicato sulla rivista scientifica Annals of Internal Medicine, la media dell’incubazione del coronavirus è cinque giorni. La maggior parte dei casi, però, stando sempre al loro studio, i sintomi si manifestano dopo undici giorni. Pertanto, la quarantena di quattordici giorni è corretta. Gli scienziati, che hanno studiato una serie di casi cinesi nel periodo di febbraio, hanno condotto una analisi sull’incubazione del Covid-19 e stabilito che il 97.5% delle persone che sviluppano sintomi di infezione da SARS-CoV-2 mostrerà questi sintomi entro 11,5 giorni dall’esposizione. In pratica, scrivono gli esperti, ogni 10 mila persone messe in quarantena per due settimane solo 101 in media potrebbero sviluppare qualche sintomo dopo essere rilasciate dalla quarantena. “Periodo di tempo ragionevole per monitorare gli individui e lo sviluppo della malattia”. Due settimane sono quelle necessarie per rendersi conto di un possibile contagio. Lo afferma  Per Justin Lessler, professore di epidemiologia della Johns Hopkins, “in base alla nostra analisi dei dati disponibili l’attuale raccomandazione di 14 giorni per il monitoraggio attivo o per la quarantena è un periodo ragionevole, anche se alcuni casi potrebbero andare oltre”.

Nuovo studio conferma i tempi di quarantena, il parere del rianimatore

In un articolo del Dott. Marco De Nardin, medico rianimatore, sul suo blog ha affermato : “Sono un medico rianimatore ed è per questo che mi permetto di spiegarvi come mai lo Stato stia prendendo delle decisioni così drastiche. Il problema del Coronavirus non è la sua gravità, dal momento che è solo 10, o forse 20, volte più serio dell’influenza. Per quali motivi è più serio dell’influenza? È diverso, quindi non siamo molto abituati e gli anziani non sono vaccinati. Quindi chi è più a rischio? Gli anziani. Come sempre. I bambini molto meno, non sono segnalati casi gravi pediatrici per il momento. Allora, come mai ci preoccupa così tanto? Perché è molto più infettivo dell’influenza, ciò vuol dire che si trasmette con enorme facilità. Per questo è opportuno restare a casa il più possibile”.

(Getty Images)

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