Il Professor Antonello Paparella, ordinario alla facoltà di Microbiologia alimentare all’università di Teramo, ha parlato delle regole da seguire per cucinare e consumare il cibo in modo da scongiurare il contagio da nuovo coronavirus.
“Prevenire è meglio che curare“, un detto secolare ed oggi più attuale che mai. Per contrastare l’avanzata del nuovo coronavirus è necessario porre in essere piccole ma vitali azioni, in grado di scongiurare il contagio. Sono note le prescrizioni: lavarsi le mani, tossire o starnutire nel gomito, evitare luoghi affollati. Gesti che, considerato il drammatico frangente, dovrebbero divenire quasi comandamenti. Bombardati dai media e dalle istituzioni i cittadini, quanto meno si spera, hanno ben chiare le regole da seguire. Eppure alcuni vacillano nel buio quando si parla di coronavirus e trasmissibilità attraverso i cibi. Per rispondere ai più frequenti interrogativi circa il rapporto tra il Covid-19 e la cucina è intervenuto il professor Antonello Paparella, ordinario alla facoltà di Microbiologia alimentare all’università di Teramo. Intervistato dalla redazione de Il Fatto Alimentare, l’esperto ha fugato ogni dubbio.
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Coronavirus e cibo: il professor Antonello Paparella fuga ogni dubbio
Il professor Antonello Paparella intervistato da Il Fatto Alimentare ha voluto dipanare la matassa trasmissibilità coronavirus-cibo. L’esperto ha immediatamente spiegato: “Normalmente i virus che causano malattie respiratorie non si trasmettono per via alimentare“. Questo è quanto accadrebbe di norma, ma non sembra essere il caso del Covid-19. Ed infatti, il focolaio sarebbe scoppiato all’interno del mercato di Wuhan dove vi era presenza di animali. Per tale ragione il professor Paparella prosegue affermando: “In realtà – riporta Il Fatto Alimentare – non sappiamo ancora quanto persista questo virus nell’ambiente e sulle superfici. I lavori pubblicati su altri coronavirus indicano una persistenza su guanti e camici nell’ordine di ore e non di giorni. Tuttavia uno studio preliminare appena pubblicato segnala la presenza di Sars-CoV-2 nelle feci di alcuni pazienti e quindi – prosegue Paparella- la trasmissione alimentare non può essere esclusa a priori ma, se mai dovesse essere identificata, è possibile che sia eccezionale e non certo la regola”.
Coronavirus, cibi crudi e cotti: evitare il contatto tra i due
Nonostante l’assenza di studi empirici sul caso, però, in via meramente precauzionale l’Organizzazione Mondiale della Sanità sconsiglia il consumo di alimenti di origine animale se non bene cotti. Al momento non si conosce quanto il virus sia in grado di sopravvivere al di fuori di un organismo ospite; per tale ragioni le precauzioni sono fondamentali. In un rapporto del 21 febbraio, riporta Il Fatto Alimentare, è stato l’Oms a consigliare di prestare attenzione alla manipolazione dei cibi crudi, soprattutto alla circostanza che questi possano venire a contatto con quelli già cotti.
Su tale circostanza Paparella ha affermato: “Questo significa – riporta Il Fatto Alimentare – tenere separati gli alimenti cotti e crudi durante la conservazione: in frigorifero la verdura deve restare nel suo cassetto, carne e pesce crudi in contenitori a tenuta e gli alimenti cotti in recipienti coperti. Senza dimenticare di usare, dopo la cottura, utensili diversi da quelli impiegati – prosegue il professore– per gli alimenti crudi e di lavare accuratamente le mani prima e dopo la preparazione“. Niente di diverso di quello che dovrebbe accadere in situazione di normalità. In conclusione il caldo distrugge il virus.
Diametralmente opposto è l’effetto che il freddo ha sui coronavirus. In frigorifero, riporta Il Fatto Quotidiano, la MERS è in grado di sopravvivere 72 ore a 4°C. Con temperature addirittura sotto lo 0 riuscirebbe a vivere per oltre due anni. Quanto ai prodotti industriali, invece, nessun problema: le aziende mettono in atto procedure che debellerebbero in ogni caso il virus.
Cosa fare con i cibi che vanno consumati crudi?
Il problema, ciò premesso, sussiste per quei cibi che invece vanno consumati crudi. Si pensi a frutta ed alcuni tipi di verdura. In merito il professor Paparella ha spiegato: “Frutta e verdura hanno strutture superficiali che, al contrario di carne e pesce, rendono più difficile la persistenza dei microrganismi. È comunque raccomandabile un lavaggio accurato, eventualmente, se si hanno dubbi, con l’uso di sanificanti. In ogni caso – riporta Il Fatto Alimentare – i Centers for disease control statunitensi ritengono che l’eventuale rischio di trasmissione di questo virus con gli alimenti sia molto basso, considerando che raramente il cibo crudo viene consumato subito dopo la raccolta o la produzione, e che durante il tempo necessario per la distribuzione il virus dovrebbe perdere vitalità.”
Quando si parla di cibo è inevitabile parlare anche della cucina come ambiente. Il virus potrebbe sopravvivere sulle superfici di lavoro? Per precauzione è possibile utilizzare alcol, acqua ossigenata o Amuchina.
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