Il Coronavirus e i conseguenti provvedimenti restrittivi da parte del Governo mettono in situazioni di rischio i lavoratori autonomi e le partite Iva
In questi tempi di epidemia di Coronavirus in Governo ha varato misure sempre più restrittive che possono imparare su diverse attività produttive. Per questo motivo si discute anche sulle possibili conseguenze per imprese e lavoratori dipendenti. Poco invece si stata discutendo sui rischi per i lavoratori autonomi.
Tra i recenti provvedimenti vi è una sola misura in grado di sostenere i lavoratori autonomi. Stiamo parlando di quella di cui all’art. 16 del d.l. del 2 marzo. In essa si prevedeva, ma solo per le ormai “ex” zone rosse, il diritto a un’indennità al mese di 500 euro, per un massimo di tre mesi. Una misura non facile da estendere all’Italia intera per via degli elevati costi.
LEGGI ANCHE —> La Cassa Integrazione allargata che stiamo aspettando
Coronavirus, i rischi per i lavoratori autonomi
I rischi per i lavoratori autonomi sono molteplici. Tra questi si annoverano la malattia o la quarantena, la sospensione delle attività, obbligatorie, per scelta o per oggettiva impossibilità nonché limitazioni alla circolazione nei luoghi in cui deve essere svolta la prestazione. Per quanto riguarda la malattia, lo Statuto del lavoro autonomo (legge n. 81/2017) prevede che essa non determini, in caso di attività continuativa, l’estinzione del rapporto.
L’esecuzione di esso può essere infatti sospesa su richiesta del lavoratore, senza diritto al corrispettivo e al massimo per 150 giorni, salvo che il committente provi di non avere interesse alla continuazione del rapporto. Il lavoratore autonomo ha il rischio di non poter svolgere il proprio lavoro a causa dei provvedimenti restrittivi del Governo.
Coronavirus, i casi in cui il lavoratore autonomo ha diritto a un compenso integrale o parziale
Allo stesso tempo però il lavoratore, essendo obbligato a un risultato, non dovrebbe avere direttive o vincoli di tempo e luogo. Spesso infatti potrà offrire la prestazione compatibilmente con le prescrizioni delle autorità. È ad esempio il caso dello “smart working” grazie al quale il lavoratore avrà diritto al compenso anche in caso di rifiuto. Si potrà invece convenire una riduzione del corrispettivo nel caso in cui la prestazione divenga parzialmente impossibile per qualsiasi motivo (impossibilità parziale ex art. 1464 c.c.).
In questo caso il committente avrà diritto alla recessione del contratto qualora dimostri di non avere interesse a questo adempimento parziale. Il prestatore avrà invece diritto al compenso se è il committente che non può ricevere la prestazione per una causa a lui imputabile, e al di fuori delle ipotesi di oggettiva impossibilità. Lo anno spiegato Franco Scarpelli, professore di Diritto del lavoro all’Università di Milano-Bicocca, e Gionata Cavallini, avvocato giuslavorista presso lo Studio Legalilavoro di Milano, su ‘IlFattoQuotidiano.it‘.
LEGGI ANCHE —> Vita a casa: come cambiano le abitudini per il coronavirus