Ci sono molti dubbi in questo momento di emergenza legati alla gestione del lavoro domestico. Infatti, colf e babysitter regolarmente assunti sono a contatto con l’ambiente domestico e molte famiglie non sanno cosa sia più opportuno fare. Vediamo alcuni tips in base alle domande e risposte che Il Sole 24 ore ha creato in collaborazione con Domina e Assindatcolf.
La prima domanda che sorge spontanea è relativa a come debbano comportarsi le famiglie: le colf e le badanti non conviventi possono continuare a lavorare o è preferibile che non prestino la propria attività in questo momento, visti gli ultimi decreti del Governo? Non esiste una risposta univoca e certa. Lorenzo Gasparrini, segretario generale di Domina spiega a Il Sole 24 ore: «L’indicazione che stiamo dando alle famiglie è di sospendere l’attività, salvo casi eccezionali, come atto di responsabilità e per dare attuazione alle disposizioni introdotte dal Governo italiano».
E’ possibile secondo Domina un accordo tra le parti che preveda la sospensione dell’attività e il recupero delle ore in un secondo momento.
Tuttavia, è possibile che alcune colf vogliano continuare a lavorare. In questi casi se la famiglia vuole invece sospendere l’attività, in mancanza di accordo, la famiglia potrebbe porre la colf in ferie (anche anticipate). Infatti, nel lavoro domestico non esiste il congedo ordinario.
«Vista la situazione attuale – risponde Gasparrini di Domina a Il Sole 24 ore – si ritiene possibile il ricorso al licenziamento per giusta causa. Con l’interruzione del rapporto di lavoro la colf potrà percepire l’indennità di disoccupazione Naspi, ma deve trattarsi di un’estrema ratio».
Il licenziamento ad nutum deve essere comminato con preavviso (da 8 a 15 giorni in base all’anzianità); invece, il licenziamento per giusta causa non prevede preavviso.
Nel caso in cui la colf o baby sitter di sua spontanea iniziativa non presta più la propria attività può essere invitata a prendere ferie e soltanto qualora si rifiuti potrà godere di permessi non retribuiti.
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«Stiamo chiedendo alle famiglie di non licenziare i lavoratori – prosegue Gasparrini – per evitare di lasciarli in una situazione di povertà assoluta in questo momento di emergenza nazionale. Tuttavia le famiglie datori di lavoro dovrebbero avere la stessa attenzione delle altre imprese».
Nemmeno i termini di pagamento dei contributi previdenziali e assistenziali, sono sospesi salvo soltanto gli undici comuni della precedente zona rossa, fino al 1° maggio 2020.
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