Il professor Fabrizio Pregliasco spiega cosa succede se si è positivi al tampone del coronavirus. Non per forza si è malati e si infettano gli altri
In Italia, ormai alle prese con l’emergenza coronavirus da alcune settimane, i casi di contagi aumentano. I dati di ieri sera emananti come sempre dalla Protezione civile parlano di quasi 13 mila persone positive al virus. Di queste però non tutte presentano sintomi e hanno necessità di essere ospedalizzati.
Ci sono infatti (secondo le statistiche dell’Iss quasi il 10%) quegli individui che non presentano sintomi pur essendo positivi al virus. Per loro è stata stabilita comunque la quarantena. Molti però in questo periodo si stanno chiedendo se queste persone, asintomatiche, possono essere contagiose e dunque diffondere il virus.
A rispondere ci pensa il professor Fabrizio Pregliasco, virologo dell’Università degli Studi di Milano, direttore sanitario dell’Istituto Ortopedico Galeazzi di Milano. “Un caso positivo di coronavirus – ha spiegato al Corriere della Sera – è un soggetto a cui, a seguito di un tampone faringeo, viene riscontrata la presenza di virus vivo nelle vie respiratorie e che è quindi in una condizione di contagiosità che può andare avanti anche quando c’è la guarigione dei sintomi”.
“Tutti i soggetti positivi, anche se poco sintomatici, o addirittura senza sintomi – ha puntualizzato – vanno considerati a rischio. Le persone che hanno avuto un contatto stretto e ravvicinato con un caso positivo per un tempo superiore a 15 minuti, quindi, devono essere molto attente alla propria salute e isolarsi anch’esse per 14 giorni (tempo massimo di incubazione, che va dai 2 agli 11 giorni con un tempo medio di 5,2 giorni)”.
Leggi anche > Coronavirus, ora anche la Francia ha paura del contagio
Coronavirus, attenzione a chi non ha sintomi
Il professor Fabrizio Pregliasco ha chiarito che essere positivi al tampone del coronavirus “non vuol dire essere malati: esistono alcune persone che, nonostante risultino positive al test, potrebbero non sviluppare mai i sintomi”.
“È difficile che un soggetto asintomatico, rispetto a uno che manifesta raffreddore e tosse – ha puntualizzato il virologo – contagi in modo significativo un’altra persona. Anzi è possibile, ma con minore efficacia e minore probabilità”. E su questo ha aggiunto che una persona che sia guarita da un’infezione da coronavirus non è per forza e in modo automatico non più contagiosa.
Per chi risulta positivo ma asintomatico è essenziale la quarantena. È importante che nel periodo di incubazione la persona positiva resti lontana dagli altri. Altro fattore da non sottovalutare è il controllo, un costante monitoraggio pur non avendo sintomi. I controlli sono importanti però, come hanno spiegato gli esperti, anche quando i pazienti positivi e con sintomi vengono dimessi dagli ospedali. Le linee guida indicano, infatti, isolamento domiciliare per 14 giorni dopo le dimissioni dall’ospedale.
Leggi anche > Coronavirus, l’Iss lancia buone speranze per il Sud