Il sindaco di Alzano ha dichiarato che si sarebbe dovuto procedere immediatamente a dichiarare anche il bergamasco “zona rossa”: si sarebbe potuto contenere il diffondersi del nuovo coronavirus.
Se l’avessero dichiarata subito zona rossa adesso non si conterebbero così tanti morti. Questo in sintesi il messaggio lanciato dal sindaco di Alzano, Camillo Bertocchi in merito all’emergenza da nuovo coronavirus. Il primo cittadino di uno dei comuni più popolati del bergamasco è convinto del fatto che maggiori restrizioni ieri avrebbero portato meno morti oggi.
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“La nostra idea era di fare un grande sacrificio subito per essere liberi prima: se ci avessero ascoltati, le cose sarebbero andate diversamente“. Queste le parole cariche di rammarico, riportate da Il Corriere della Sera, del sindaco di Alzano Camillo Bertocchi riguardo le nefaste conseguenze del coronavirus. Il suo comune è uno dei centri più popolati del bergamasco. Sembra un bollettino di guerra quello stilato dal primo cittadino: 5 morti in una sola mattinata, 50 in venti giorni.
Sono numerosi gli interrogativi che si pone Camillo Bertocchi. Quand’è che realmente è giunto il virus in Italia? Se si fossero prese prime misure drastiche si sarebbe potuta evitare l’epidemia? Quante ancora le persone che moriranno? Stando a quanto riferisce Il Corriere della Sera, il primo cittadino di Alzano ha dichiarato: “Mi è venuta la curiosità di capire se il virus fosse già arrivato a fine 2019, ma i dati da dicembre a febbraio erano in linea. Ora sono esplosi: la conseguenza dei contagi di fine febbraio“.
Ma perché la bassa e media valle del bergamasco sono stati così colpiti? Il Corriere della Sera riferisce che in quella zona la produzione manufatturiera è massivamente legata con la Cina e che l’ospedale di Alzano abbia, come quello di Codogno, accelerato il contagio. Il personale sanitario si sarebbe infatti infettato a causa di un paziente che si era recato in Pronto Soccorso. Una circostanza in fase di accertamento. Roberto Anelli, consigliere regionale della lega ed originario di Alzano, in merito afferma: “Penso che l’azienda ospedaliera svolgerà un’indagine interna — riporta Il Corriere —, non vorrà rimanere nel dubbio che siano stati disattesi i protocolli, anche se per come conosco gli operatori sono sempre stati scrupolosi”.
Quanto alle misure che avrebbero dovuto essere messe in campo, il sindaco di Alzano Camillo Bertocchi non ha dubbi: “Fin dal 23 febbraio abbiamo capito la gravità della situazione. Ed eravamo tutti per la linea rigida, ribadita anche il giorno 25, nonostante gli allentamenti a livello nazionale. Da noi bar chiusi anche dopo le 18. Ma vuol sapere una cosa? – riferisce il primo cittadino all’intervistatore de Il Corriere della Sera– Non solo siamo stati criticati dagli operatori, ci è arrivato pure il richiamo dal ministero degli Interni tramite una circolare della prefettura che vietava ai sindaci di prendere misure. Chiedevamo rigore e chiarezza, non volevamo disorientare il cittadino. Il territorio va ascoltato: non era il segnale di un sindaco, ma di sette, da Torre Boldone ad Albino“. Un duro attacco alle istituzioni centrali quelle del primo cittadino sempre più convinto che se i Comuni avessero agito subito si sarebbe potuta evitare l’ecatombe.
Non si placa la polemica, il sindaco di Alzano rincara la dose: “Nessuno ci diceva nulla, eravamo sospesi. Quattro giorni assurdi, senza il minimo rispetto istituzionale. Poi, dal decreto dell’8 marzo, abbiamo capito che la linea era cambiata: non più contenere, ma rallentare il contagio. A quel punto c’era il ‘rischio rilassamento’: lungo il fiume Serio la gente passeggiava come niente fosse. Abbiamo richiamato l’attenzione e da una settimana tutti obbediscono”. Il comune del bergamasco in collaborazione con la Protezione Civile ha sin da subito garantito la sicurezza dei propri cittadini tramite la distribuzione di camici e mascherine. “Portiamo l’ossigeno alle persone allettate in casa — dice il presidente della Protezione Civile Francesco Rossoni stando a quanto riferisce Il Corriere—. Facciamo quel che possiamo. Quando partivamo per le zone terremotate sapevo che avremmo dovuto salvare la gente scavando a mani nude. Qui non sai nemmeno contro cosa combatti. Alzano, così viva, è diventata il vuoto assoluto. Via Roma, dove si affacciano i negozi chiusi, ti spezza il cuore”.
Già perché quella che ora l’Italia sta combattendo è una guerra contro un nemico invisibile che ad oggi pare invincibile.
L’assessore al welfare della Regione Lombardia, Giulio Gallera, ha reso noto che Bergamo resta ancora il centro in cui si registra il maggior numero di casi. Fortunatamente non mancano manifestazioni di solidarietà. La Brembo, riporta Il Corriere, ha donato 150 mila euro all’ospedale Papa Giovanni XXIII. La direttrice generale, Maria Beatrice Stasi, ha parlato del supporto del Premier Conte datole telefonicamente: “Mi ha espresso la vicinanza di tutto il Paese a Bergamo e all’ospedale, ai malati, ai nostri operatori e a tutta la cittadinanza. È stato importante fargli arrivare direttamente il nostro grido di aiuto: ci serve personale, dispositivi e attrezzature”. Ma la situazione nonostante i barlumi di umanità non tende a migliorare, anzi, Ivano Riva, anestesista rianimatore del Papa Giovanni, ha affermato che l’ospedale di Bergamo reggerà ancora per poco.
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