Coronavirus, l’Europa non ha creduto all’Italia. I governi non hanno preso in considerazione le real news italiane. Ecco il motivo
Perché l’Europa non crede all’Italia? Perché sbagliare di nuovo come noi italiani abbiamo fatto con la Cina? Eppure è evidente il virus corre alla velocità della luce e non lascia scampo proprio a nessuno. Vero, ai tempi del Coronavirus le fake news impazziscono e bisogna valutare attentamente quali sono le fonti attendibili. Ma l’Europa dovrà fare i conti con l’evoluzione dei contagi, proprio come sta accadendo in Italia, se non dichiarerà l’emergenza il prima possibile. Solo il 12 marzo i governi europei hanno iniziato ad adottare in maniera più o meno sistematica misure significative. Le carenze però sono ancora evidenti. Lo svolgimento regolare di elezioni in Francia, il posticipare la chiusura delle scuole e le università, il continuare a non stabilire regole di distanza minima, da noi in vigore da diverse settimane sull’intero territorio nazionale, anche laddove si registravano al tempo pochissimi casi. E il Regno Unito di Boris Johnson che tarda a prendere provvedimenti significativi e parla di immunità di gregge.
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Coronavirus, l’Italia non viene creduta
Molte sono state le accuse rivolte in queste settimane al Governo e alle altre istituzioni coinvolte ma certamente la trasparenza della comunicazione, fornita quotidianamente e disponibile nei suoi dettagli su tutti i canali, non è tra queste. Nelle ultime settimane le corrispondenze dei giornalisti stranieri dall’Italia non sono mancate. Le ambasciate e molti italiani all’estero hanno cercato di far capire la gravità dell’evento. Marco Bresolin, corrispondente della Stampa di Bruxelles, parla di tendenza al melodramma che porta gli stranieri a pensare che le nostre reazioni emotive agli eventi siano esagerate. Inoltre gli altri Paesi hanno erroneamente attribuito i numeri in rapidissima ascesa del contagio italiano a una probabile inefficienza organizzativa del nostro apparato pubblico e a comportamenti poco idonei dei nostri concittadini. La speranza è che l’emergenza Covid-19 alimenti il rispetto tra gli stati e allontani i pregiudizi tra uno stato membro e l’altro.
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