Valeria Ruotolo è un medico in trincea del pronto soccorso di un ospedale e racconta la terribile esperienza che stanno vivendo coloro che sono sul fronte
Valeria Ruotolo è un medico del pronto soccorso di un ospedale e racconta la terribile esperienza che stanno vivendo coloro che sono sul fronte senza i dovuti strumenti. Vi assicuro che leggere le testimonianze dei colleghi di tutta Italia sul gruppone covid ha un ché di agghiacciante. Anestesisti senza mascherine che chiedono consigli su come fabbricarsi da soli una qualche protezione, come spillare delle garze all’interno di mascherine chirurgiche, medici di base con pazienti fortemente sospetti che non riescono ad ottenere tamponi, colleghe disperate perché hanno sintomi ma sono costrette a lavorare e hanno il terrore di trasmettere il virus ai figli.
Il medico in trincea rilancia
Non ci sono mascherine in tutta Italia, non le hanno molti di coloro che fanno manovre aggressive. È sconcertante. Ci viene detto, durante il bollettino ufficiale delle 18, che questi giovani morti di covid 19 – e non CON covid 19, ma DI – come l’operatore del 118 di Bergamo, potrebbero aver contratto il virus non durante il lavoro, ma nel privato.
Ma cos’è? Uno scherzo? Ma che cosa vergognosa è questa?
Immaginate lo stato d’animo di entrare disarmati in una stanza con una minaccia certa. Immaginate il livello di stress. Immaginate i nostri sogni, i nostri risvegli, tutte le mattine in cui si rinnova quest’incubo. Immaginate di dover entrare in quella stanza e non avere le giuste protezioni, ma non avere scelta, perché avete fatto un giuramento. Io credo che anche Ippocrate avrebbe qualche titubanza. Ci chiamano eroi, angeli, amano tanto parlare di trincea. Ci fanno applausi dai balconi. Ma dateci gli strumenti, piuttosto, per salvare la pelle a tutti. Perché così, più che degli angeli, ci sentiamo dei coglioni.
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