Il Governo sta per decidere. I sindacati e le imprese hanno chiesto con forza al premier Giuseppe Conte e ai ministri di chiudere tutte le attività industriali non strategiche e i servizi non essenziali sul nostro territorio per provare a fermare il Covid-19 che sta devastando la Lombardia e mettendo in grave difficoltà Veneto ed Emilia Romagna.
Il governo ci sta ragionando e un nuovo dpcm arriverà questa notte o domani mattina – ma potrebbe applicare la legge sugli scioperi – la 146 del 1990 – per salvaguardare i servizi lì definiti come essenziali, da tutelare in ogni caso – come trasporti, sanità, telecomunicazioni – e fermare tutta la parte restante del paese.
Questa sarà una decisione che nel Paese Italia non ha mai avuto nessun precedente. Purtroppo la situazione si è aggravata , con un susseguirsi di contagi e decessi che forse nessuno si aspettava ad inizio epidemia.
E’ molto compatto il fronte sindacale, mentre quello delle imprese non ci sta ed ha chiesto tempo per ragionare. Ma non è un’opposizione rigida: propone di usare gradualità, di non intervenire con l’accetta per tutti i settori e ovunque.
Una riunione straordinaria fatta sotto la pressione dei sindacati e convocata da Palazzo Chigi in videoconferenza. Un appuntamento chiesto da Cgil, Cisl e Uil che avevano scritto al premier Conte chiedendogli di valutare assieme l’efficacia del Protocollo per la sicurezza sui luoghi di lavoro, siglato con i rappresentanti delle imprese giusto una settimana fa. E l’impatto di quelli a sostegno dell’economia. Ma soprattutto per valutare la situazione nelle fabbriche.
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“Nello spirito e con l’obiettivo che ci ha portato responsabilmente a sottoscrivere il Protocollo – si legge nella lettera – e a gestire positivamente in questi giorni l’utilizzo degli ammortizzatori sociali e la messa in sicurezza della salute delle persone nei luoghi di lavoro, Le chiediamo di valutare la possibile necessità di misure ancor più rigorose di sospensione delle attività non essenziali in questa fase per il nostro Paese”. Un intervento sollecitato anche dagli amministratori locali, a partire dal sindaco di Bergamo, Giorgio Gori.
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