Pare che il buco nell’ozono si stia riducendo, nel 2019 avrebbe raggiunto il suo minimo storico: a rendere noti i fattori che avrebbero condotto all’inversione e le sue conseguenze, una nuova ricerca pubblicata sulla rivista Nature.
Il buco nell’ozono alla fine del 2019 avrebbe raggiunto il suo minimo storico in tema di estensione: l’8 settembre ha, infatti, raggiunto 16,3 milioni di kmq. Stando ad un recente studio pubblicato sulla rivista Nature, il processo di riduzione ha avuto effetti sui venti del Pianeta.
Leggi anche —> Cosa sta accadendo al ghiacciaio più profondo della Terra: lo studio degli esperti
Il buco nell’ozono si sta riducendo: la ricerca degli esperti
L’espansione del buco dell’ozono pare essersi arrestata. Stando ad una recente ricerca condotta dall’Università del Colorado Boulder e pubblicata su Nature, pare che a rendere possibile lo stop alla dilatazione se non all’inversione, sia stato il Protocollo di Montreal. Quest’ultimo è un trattato internazionale adottato proprio a favore della protezione dell’ozono ed in vigore dal 1989. Attraverso il Protocollo, le Nazioni sono state chiamate a contenere la produzione ed il consumo delle sostanze chimiche dannose.
Lo studio dimostra che Montreal ha sortito gli effetti desiderati. Con l’eliminazione dei clorofluorocarburi, a far data dal 2000 queste sostanze sono sparite dalla stratosfera facendo diminuire il buco. L’effetto del protocollo, secondo i ricercatori non si è esaurito qui. Dai risultati è emerso anche che starebbe guidando i cambiamenti nei modelli di circolazione dell’aria nell’emisfero meridionale. Questo quanto sostenuto da Antara Banerjee stando a quanto riportato dalla redazione di Sky Tg24.
Ma come mai i due eventi sarebbero collegati? Il diradarsi dell’ozono rende l’aria più fredda sicchè i venti polari acquistano potenza sino a giungere nello strato più basso dell’atmosfera. Proprio dimostrare la correlazione tra i due eventi era la sfida alla base della ricerca. Banerjee ha affermato che l’obbiettivo era quello di dimostrare che non si trattasse di una coincidenza.
Le tecniche utilizzate per condurre lo studio: analisi statistica
I ricercatori, riporta la redazione di Sky Tg24, per portare avanti lo studio hanno utilizzato una tecnica statistica. Il punto di partenza è stato valutare se le variazioni dei venti fossero dovuti solo alla variabilità naturale o se fossero collegati alle emissioni di sostanze chimiche.
Tramite tecnologia all’avanguardia, gli studiosi dell’Università del Colorado, hanno isolato gli effetti dei gas serra e dell’ozono effettuando per ognuno una singola valutazione. Dall’analisi è emerso che le emissioni CO2 non apportavano alcun cambiamento alla circolazione dei venti. Invece, i cambiamenti nello strato di ozono facevano registrare un’inversione di tendenza dei flussi.
Leggi anche —> Deforestazione, la denuncia di Greenpeace: attacco alle multinazionali
Dal 2000, l’anidride carbonica ha portato la circolazione verso il Polo, come sempre accaduto. Tuttavia la sua azione era bilanciata dal recupero dello strato di ozono che agiva in maniera opposta.