Elizabeth Maruma Mrema ha auspicato che i Governi si adoperino per chiudere definitivamente i mercati faunistici, cosiddetti Wet market: questi ultimi potrebbero essere alla base di numerose epidemie, tra cui quella attuale da Covid-19.
Wet market significa letteralmente “mercato umido“. L’appellativo deriva da numerosi fattori che caratterizzano l’intero ambiente. Dal sangue che sgorga dagli animali macellati sul momento, all’acqua utilizzata per pulire i banchi d’esposizione. Questi luoghi, a causa delle barbarie a cui sono sottoposti gli animali all’interno, nonché le condizioni igieniche precarie da anni hanno fatto levare un grido di protesta da parte degli animalisti. A ciò si aggiunge che i wet market sono un concentrato di pericolosi virus che dalla fauna si trasmettono all’uomo. Il Covid-19 sarebbe l’ultima, considerato che si ipotizza possa aver avuto origine nel mercato di Wuhan. Per tale ragione, a conforto degli attivisti è giunta una voce dall’alto, quella di Elizabeth Maruma Mrema. La segretaria esecutiva ad interim della Convenzione delle Nazioni Unite sulla diversità biologica, ha auspicato la chiusura dei mercati faunistici.
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Auspicata la chiusura dei mercati faunistici: le parole di Elizabeth Maruma Mrema
L’attuale pandemia da Covid-19 potrebbe aver avuto origine da un mercato faunistico, precisamente quello di Wuhan, in Cina. Quest’ultimo fa parte di quella categoria definita wet market, letteralmente “mercato umido”. In questi luoghi gli animali subiscono torture inaudite e macellazioni cruente. Per non parlare delle condizioni igieniche del tutto precarie che portano l’uomo ad estremo contatto con la fauna che si rende vettore di virus letali. Come, appunto, quanto sarebbe accaduto all’origine dell’epidemia di Covid-19 secondo diverse teorie. Per tale ragione, ed a conforto del grido di protesta levatosi ormai da anni da parte degli animalisti, è intervenuta Elizabeth Maruma Mrema. La segretaria esecutiva ad interim della Convenzione delle Nazioni Unite sulla diversità biologica, ha auspicato che i governi dispongano la chiusura permanente dei mercati faunistici.
La Natura da madre amorevole si è trasformata in matrigna: sempre più considerata fattore chiave per lo sviluppo di malattie letali zoonotiche, sta divenendo un fattore esterno all’uomo da tenere sotto controllo.
Forse, anche la Cina che pullula di wet market pare si fosse avveduta della loro pericolosità. Il Paese del Dragone ne aveva disposto la chiusura durante l’emergenza. I mercati dove era possibile trovare zibetti (mammifero da cui partì il contagio della Sars), lupi e tanti altri animali in gabbia sono stati chiusi. La comunità scientifica si auspica che questa possa essere una decisione che il governo adotterà anche per il futuro.
Elizabeth Maruma Mrema, riporta il The Guardian, a supporto della sua richiesta ha utilizzato esempi provenienti da tutto il mondo, tra questi il virus Nipah nell’Asia orientale. La connessione tra le malattie e l’eccessivo avvicinamento dell’uomo a determinate specie è incontrovertibile.
Una tesi ormai nota, di cui la maternità è attribuibile anche ad Inger Andersen, direttore esecutivo del United Nations Environment Programme (UNEP). La nota economista ed ambientalista danese avrebbe, infatti, dichiarato che attualmente l’uomo è eccessivamente a contatto con la natura selvaggia. Ha eroso gli spazi della flora e della fauna autoctona. Da ciò deriva che la stretta vicinanza con specie animali e piante, ospiti di malattie, renda facile la trasmissione di queste ultime all’uomo.
Sulla stessa scia di pensiero si è mossa la Mrema, che al The Guardian ha dichiarato: “Il messaggio che stiamo ricevendo è che se non ci prendiamo cura della natura, lei si prenderà cura di noi“. Ed ha continuato affermando: “Sarebbe bello vietare i mercati degli animali vivi come ha fatto la Cina e alcuni paesi. Ma dovremmo anche ricordare che alcune comunità –riporta il The Guadian- in particolare da zone rurali ed a basso reddito, in particolare in Africa, dipendono da animali selvatici per sostenere il sostentamento di milioni di persone“.
Pertanto la Mrema ha anche pensato che bisognerebbe già trovare delle alternative per queste comunità che altrimenti si dedicherebbero al commercio illegale, mettendo a rischio numerose specie animali.
Infine, ha concluso affermando: “La perdita di biodiversità sta diventando un grande fattore nell’emergere di alcuni di questi virus. Disboscamento su larga scala, degrado e frammentazione dell’habitat, intensificazione dell’agricoltura, sistema alimentare, commercio di specie e piante, cambiamenti climatici antropogenici: tutti questi – riporta il The Guardian- sono fattori trainanti della perdita di biodiversità e anche fattori trainanti di nuove malattie. Due terzi delle infezioni e delle malattie emergenti ora provengono dalla fauna selvatica.”
Il coronavirus ha acceso i riflettori sulle malattie zoonotiche
Ci è voluta una pandemia per far notare al Pianeta che l’eccessiva ingerenza dell’uomo nel mondo animale era un qualcosa di estremamente pericoloso. Ma che soprattutto l’eccessivo contatto con la fauna potrebbe aver avuto conseguenze più che nefaste. Anche la Cina, uno dei Paesi più noti per i suoi wet market pare lo abbia compreso, vietandone durante l’emergenza l’apertura. Ed è proprio su tal punto che batte Jinfeng Zhou, segretario generale della China Biodiversity Conservation and Green Development Foundation. Quest’ultimo ha invitato le autorità a rendere permanente il divieto.
Zhou, riporta la redazione del Guardian ha dichiarato: “Sono d’accordo che dovrebbe esserci un divieto globale sui wet market, che aiuterà molto nella conservazione della fauna selvatica e nella protezione di noi stessi da contatti impropri con la fauna selvatica“.
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Ed ancora: “Oltre il 70% delle malattie umane proviene dalla fauna selvatica e molte specie sono minacciate dal loro consumo“.