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Interviste

Infascelli: da Romanzo Criminale alla radio, Roberto si racconta

Roberto Infascelli e la sua carriera artistica. Il Sorcio di Romanzo criminale parla del suo percorso e delle sue passioni

Roberto Infascelli, è l’attore romano che molti italiani ricordano per aver interpretato Gigio a Romanzo Criminale il film e successivamente il Sorcio nella serie. Infascelli è un attore e un conduttore radiofonico, amante del cinema ma non solo.

Il 39enne, che ora si trova in quarantena nella sua casa in campagna con la sua famiglia, è stato così gentile da concederci un’intervista. Insieme abbiamo ripercorso le tappe salienti della sua carriera, dalle origini ad oggi, per poi passare a parlare delle sue passioni.

Lei è figlio di una scenografa e nipote di un regista, quanto ha influito questo sulla sua carriera di attore ?

Intanto posso dire che in realtà ero (e sono) sotto un doppio tiro incrociato, infatti anche la famiglia di mio padre è del settore (mio papà Paolo era un produttore e con mio zio Roberto produsse tra i vari “Febbre da cavallo” mentre mio fratello Luca è ad oggi uno sceneggiatore di livello). Che dire, sotto alcuni aspetti, come l’amore indotto per il cinema e il conoscere molte dinamiche “interne” è sicuramente un vantaggio. D’altro canto, si convive con una pressione a volte difficile da gestire e l’ansia di dover dimostrare sempre qualcosa. Non so giudicare come è andata in casa di altri però, mettendo tutto sulla bilancia per me è stato sicuramente uno svantaggio. Una zavorra in alcuni momenti molto pesante. Credo abbia anche influenzato il fatto di essere l’unico a lavorare davanti alla macchina da presa e non dietro.

Qual è stata la sua prima esperienza lavorativa?

Cronologicamente sarebbe una serie di comparsate nel penultimo film di mio nonno Luigi, “Buon Natale buon anno”, nel 1988 o 89 credo. Realisticamente considero la prima vera esperienza il ruolo di figlio di Giancarlo Giannini ne “I divertimenti della vita privata”, nel 1991. Film diretto da mia zia Cristina di cui ricordo moltissimi particolari.

Com’è stato lavorare per una serie come quella di romanzo criminale che ha avuto molto successo e anche dopo 10 anni continua ad essere amata dal pubblico ?

Paradossalmente ero molto titubante nell’accettarla, ero reduce dal film di Romanzo, le serie non avevano la popolarità di ora temevo quindi di “rovinare” quell’esperienza. Col senno di poi è stato incredibile. Abbiamo aperto una strada. Anche se egoisticamente non penso ci siano stati altri prodotti italiani all’altezza di Romanzo. Per tantissimi motivi. Potrei dilungarmi per ore ma basto sapere che Romanzo Criminale venne girato tutto in pellicola, al contrario dell’uso spasmodico del digitale nel 90 percento delle produzioni odierne. Questo piccolo dettaglio ha trasformato quelle 22 puntate in praticamente il tempo di lavorazione di circa 11 film. Un lavoro enorme. Non mi sarei mai atteso ai tempi tutto questo successo. Ringrazio di averla fatta soprattutto per avermi permesso di misurarmi con Stefano Sollima, che reputo uno dei migliori direttori di attori italiani. Ormai non recito dal 2011, ma ancora oggi vengo fermato e chiamato “Sorcio” per strada, immaginate allo stadio…

A tal proposito so che è legato particolarmente alla Magica. Le manca il calcio in questo periodo speciale?

Io sono abbonato dal 1999 (in curva sud laterale) quindi facile immaginare quanto sia legato alla Roma e allo stadio. Ma amo il calcio nella sua normalità, nei riti, nei gesti. Ora non c’è nulla di normale, quindi non ci penso molto. Sinceramente vorrei aggiungere che provo ribrezzo e un pizzico di vergogna per chi ogni giorno si fa intervistare per chiedere la riapertura del carrozzone per meri motivi egoistici e/o personali. Non scrivo sui social di calcio (fa parte ovviamente del mio lavoro farlo), dall’esplosione del corona virus. Mi sembrerebbe giocare al gioco sbagliato nel momento sbagliato. Se si potrà giocare come prima sarò felicissimo. Ma il calcio è della gente. A porte chiuse o con il semplice scopo di mandare avanti il meccanismo finanziario non mi interessa.

Ha lavorato anche per la radio, come descriverebbe questo mondo?

La radio è il mio mondo. La adoro. Sognavo di farne parte da tantissimo tempo e avere un microfono in mano da circa 10 anni è motivo di orgoglio enorme. Lì davvero non conoscevo nessuno, emergere è stata dura. Devo un enorme grazie a una sola persona, Daniele lo Monaco. Lui mi ha aperto la porta. Come mondo ha dei punti in comune con il cinema, sia positivi che negativi. Ambiente iper competitivo e amicizie dettate dai lavori e dalle collaborazioni. Però lo reputo meno “radical chic”, passatemi il termine come ambiente. Più popolare. E io amo il confronto con il popolo.

Come sta vivendo questo momento così particolare dove tutto è fermo? Come si immagina il futuro?

Ho avuto la fortuna con la mia famiglia di trovarmi nella casa di campagna prima del lockdown. Quindi siamo rimasti qua. Essere isolati fuori dalle grandi città ha dei pro importanti per chi come me ha un bimbo piccolo. Almeno può sfogarsi in giardino. Non nascondo di andare a giorni alterni, come tutti credo. Immagino il futuro con grande incertezza. Ci sono settori dimenticati completamente, aziende che rischiano di chiudere, nulla sarà come prima. Il sottobosco delle partite IVA, delle collaborazioni, l’abitudine italiana di non dare tutele e assumere a livello degli altri passi europei sta venendo a galla pesantemente. I miei ex colleghi e amici del settore cinema (nonché la mia compagna) sono fermi, senza guadagni e senza tutele. Come tantissime altre categorie. La situazione è gravissima. Apprezzo però la voglia di reagire e la compostezza degli italiani. Non essendo un virologo immagino però che il mondo che conoscevamo tornerà gradualmente solo con il vaccino. Cosa troveremo fuori dal bunker? Non ho la presunzione per dirlo.

Beatrice Manocchio

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