Il racconto agghiacciante della sorella di Lidia Liotta, donna 55enne caposala di una casa di cura per anziani nel bresciano
La lotta al Coronavirus non è solo materiale statistico per la Protezione Civile o motivo politico per il governo ai fini del suo contenimento. Dietro i racconti numerici dei nostri superiori, si nascondono storie agghiaccianti, tipiche di un romanzo thriller. I protagonisti sono i professionisti in corsia negli ospedali e nelle case di cura, specialmente quelle per anziani. E’ da loro che arriva la testimonianza, a tratti una preghiera per gli italiani di non andare in giro a rischiare la pripria vita. Quella vita che proprio i nostri eroi hanno scelto di sacrificare, cercando di salvare vite umane in quegli ambienti diventati tutti ad un tratto tratto ostili. E’ il caso di una donna 55enne di origini siciliane. Si chiama Lidia Liotta ex caposala di una casa di riposo di Villa Serena a Predore nel bresciano.
La donna è deceduta presso l’Ospedale di Brescia ma a vincere sulla sua pelle non è stata la morte, bensì l’orgoglio e la voglia di non abbandonare la nave alla prima difficoltà. Questo è quello che ci racconta la sorella di Lidia, rimasta inevitabilmente vittima del Coronavirus.
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“Stava male e la sua situazione peggiorava di giorno in giorno” – così la sorella di Lidia, l’ex caposala di una casa di riposo per anziani, deceduta per mano del Coronavirus. La storia raccontata sulle pagine del Corriere della Sera rende noto che già alla fine di Febbraio Lidia aveva manifestato segni di debolezza riconducibili alla malattia. Aggiornava la famiglia nella regione sicula sulla condizione in netto peggioramento dei suoi assistiti. Ogni giorno che passava c’erano nuovi casi di Coronavirus, certificati da forti polmoniti. Lidia stessa si era sentita male per qualche giorno, manifestando segnali di aver contratto il virus. I familiari la invitano a far ritorno nella sua terra natia, ma la forza, l’orgoglio e l’amore verso i suoi “nonnini” prevaleva su tutto. “Il capitano non abbandona la sua barca” – queste le sue forti parole pronunciate alla sorella Giusy, rassegnatasi alla possibilità di perdere la sorella da un momento all’altro.
Lidia faceva turni massacranti una volta rientrata a lavoro, ma dai suoi superiori non è arrivata alcuna comunicazione ufficiale di ricorrere all’isolamento domiciliare. L’11 Marzo la 55enne inizia ad accusare forti dolori alle ossa e a mancarle il respiro. Inevitabile il trasporto presso il nosocomio principale di Brescia dove poi è deceduta.
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Ed è proprio sul letto dell’ospedale che Giusy sente la sorella Lidia pronunciare le ultime agghiacianti espressioni riconducibili alla morte, che da lì a poco l’avrebbe lasciata llibera dal male.
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