42 esperti mondiali sulla rivista Lancet Psychiatry hanno lanciato l’allarme di una possibile nuova pandemia di malattie mentali.
Quando sarà finita la fase acuta della pandemia del Covid-19, c’è il rischio che emerga l’enorme problema di un boom di malattie mentali legato al Coronavirus. A dirlo sono 42 studiosi che formano la “International Covid-19 Suicide Prevention Research Collaboration”. Nell’articolo gli esperti mondiali individuano 8 fattori psicologici legati all’emergenza sanitaria del Coronavirus che possono aumentare il rischio di suicidio: dalle violenze tra le mura domestiche alle preoccupazioni economiche. Vengono individuati i provvedimenti da intraprendere per contrastarne gli effetti: dall’aiuto da parte di psicologi e professionisti di salute mentale al supporto ai disoccupati. Gli studiosi sottolineano come non siano coinvolte solo le persone che già soffrivano di problemi psichiatrici ma anche altre che non hanno mai avuto sintomi di disturbi mentali.
Gli autori, coordinati da David Gunnell dell’università di Bristol, affermano: “La pandemia provocherà stress e renderà molte vulnerabili molte persone”.
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Aumento dei suicidi per malattie mentali non è inevitabile
“Le conseguenze per la salute mentale – aggiungono – rimarranno molto probabilmente per un tempo più lungo e avranno un picco più tardi rispetto alla pandemia da Covid-19. Ma la ricerca e le esperienze delle strategie nazionali danno una base importante per la prevenzione. L’aumento dei suicidi non è inevitabile ma si deve agire subito”. L’Italia, dichiara Massimo Cozza, direttore del Dipartimento Salute Mentale Asl Roma 2, è più attrezzata di altri Stati per contrastare l’emergenza: “Abbiamo una rete di servizi di salute mentale esistente, che sebbene sia impoverita come tutto il Sistema Sanitario Nazionale, già si è attivata per avviare le help line telefoniche o la consulenza. Questa rete deve essere potenziata perché la salute mentale si gioca sul territorio”.
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“L’Italia – conclude Cozza – è fra i Paesi più a rischio dal punto di vista economico e quindi la rete deve essere pronta ad assistere le persone in difficoltà, che hanno perso il lavoro”.