In previsione della prossima fase 2. Il virologo Roberto Burioni: “Lezione coreana per minimizzare rischi in ufficio”. Ecco cosa bisogna fare
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La fase 2 è sempre più vicina. Le aziende sono pronte a riaprire e ad iniziare una “nuova vita” fatta di misure di sicurezza e regole anti-covid da seguire. Per il virologo Burioni e il microbiologo clinico Nicasio Mancini: “Conoscere questi esempi è fondamentale per capire come ripartire al meglio, provando a minimizzare i rischi“. I due esperti fanno riferimento ai risultati di uno studio che ha analizzato una catena di contagi avvenuta in un call center coreano all’inizio di marzo.
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Burioni e l’analisi coreana
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Dall’analisi di uno studio coreano emerge che sarà necessario nella fase 2 ricorrere alle dovute precauzioni: distanza, mascherina e igiene delle mani e non distanza o mascherina o igiene delle mani. “Altrimenti gli uffici possono essere bombe infettive pronte ad esplodere”. Afferma Burioni. “Dobbiamo essere pronti a individuare immediatamente i focolai, dobbiamo essere capaci di testare moltissime persone in brevissimo tempo, dobbiamo essere preparati a tracciare tutti i contatti per poi isolarli in maniera efficace – l’isolamento in casa non lo è – ribadiscono gli esperti – Insomma, bisogna imparare dalle esperienze degli altri e anche dai loro errori. – sottolineano – Farsi sorprendere di nuovo impreparati sarebbe una cosa imperdonabile, con gravi conseguenze per la salute pubblica”.
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L’esempio della Corea
“Il call center si trova in un palazzo di 19 piani, tra il settimo e l’undicesimo. Fino a questo piano ci sono uffici, a quelli superiori appartamenti. L’allarme scatta quando viene diagnosticato un caso di Covid-19 in una persona che lavorava in questo edificio l’8 marzo, e il giorno dopo, istantaneamente – evidenziano Burioni e Mancini, illustrando lo studio – le autorità si sono attivate chiudendolo. Sono stati inoltre identificati non solo i 922 individui che lavoravano nei vari uffici e i 203 residenti degli appartamenti – spiegano – ma, tramite un sistema di localizzazione con telefoni cellulari, anche tutti quelli che avevano visitato l’edificio per più di cinque minuti nelle due settimane precedenti”.
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Insomma, “alla fine della storia le persone ‘identificate’ sono state 1.145, e ben 1.143 sono state testate. Saremo capaci noi di fare lo stesso dal 5 maggio? Speriamo di sì”.