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Coronavirus e sterilità: tutto quello che c’è da sapere

Secondo uno studio di ricercatori il coronavirus miete più vittime tra gli uomini: la ragione è nei testicoli. Un medico analizza uno spermiogramma con risultati sorprendenti che annullano l’ipotesi di una perdita della fertilità

coronavirus (Foto di Pete Linforth-Pixabay)

Il motivo secondo il quale gli uomini siano più inclini a contrarre la malattia del Covid-19 è una ragione legata alle gonadi maschili. Uno studio di ricerche scientifiche accompagnato da un team di ricercatori di origine straniera ha messo in piedi un progetto che riguarderebbe il sesso maschile. Secondo i ricercatori della Health System e dell’Albert Einstein College of Medicine lo scroto testicolare risulterebbe il nido perfetto nel quale si stanzierebbero le cellule virali. Un nascondiglio segreto dove il virus si sarebbe ambientato, eludendo le fasi infiammatorie del sistema respiratorio.

Lo studio prosegue affermando che la virulenza del nemico si accentuerebbe in quel nascodiglio, provocando un tasso di mortalità precoce negli uomini. La spiegazione scientifica non ha trovato riscontro negli organi delle donne, le ovaie dove invece il coronavirus risulterebbe inospitale.

Diversamente dalle ovaie, i testicoli sono provvisti dell’enzima ACE2, un recettore che si sposa bene con l’RNA all’interno della cellula virale, provocandone il danneggiamento. Questo risultato sorprenderebbe gli uomini ad una contrazione più sensibile della malattia, che sfruttando l’eccellenza del rifugio moltiplicherebbe il suo grado di severità, aumentando le probabilità di morte.

Molti studiosi inoltre sostengono l’origine di una degenerazione del caso a partire dal tasso di feritlità dell’uomo.

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L’analisi del tasso di infertilità smentito da un esperimento

Covid-19 (Getty Images)

Il monito di una ricerca cinese condotta da operatori sanitari è quella di attenzionare l’uomo in quanto il Covid-19 può severamente danneggiare reni e soprattutto testicoli. Per questo motivo, l’attenzione alla fertilità degli uomini nei giorni a seguire è stato oggetto di un esperimento medico adoperato su un uomo di 30 anni. La persona in questione aveva contratto il Covid-19 il mese di Marzo e a distanza di 40 giorni risulta ancora essere infetto ma senza complicanze. Avendo premura di riprodursi, l’uomo a Gennaio si era sottoposto ad uno spermiogramma che ha testimonitato l’ottima condizione delle sue cellule gametiche.

A distanza di tempo dal suo primo controllo, il 30enne ancora infetto, ha chiesto di riesaminare un altro campione del suo seme. La preoccupazione di contrarre l’inferitlità (considerato il prolungarsi dell’infezione) era alta per cui ha voluto rassicurarsi sulle sue condizioni. Il suo campione è diventato oggetto di studio di un laboratorio di analisi condotto da un Ordinario di Endocrinologia  dell’Università di Padova, il Dottor Carlo Foresta.

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Esperimento (Getty Images)

Il medico protagonista delle ricerche approfondite sul rapporto Covid-fertilità ha analizzato l’esperimento in questione, scongiurando l’ipotesi di un’alterazione della spermatogenesi. Una volta appurato che il tasso di motilità rientrava nei parametri della norma, ha confermato le condizioni di fertilità ottimale del paziente.

 

 

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