I danni all’organismo provocati dal virus e dalla terapia intensiva rischiano di rimanere per molto tempo: debolezza muscolare e rischi più alti di crisi cardiache.
Il percorso di riabilitazione per chi è guarito dal Coronavirus, soprattutto per chi ha dovuto affrontare un ricovero in terapia intensiva, è molto lento e graduale e potrebbe lasciare danni molto profondi in alcuni casi. La polmonite interstiziale da Covid-19, che costituisce la principale causa di morte per questo virus, è una patologia molto debilitante. Nelle sue forme più violente mette a dura prova l’organismo e può arrivare a estendere l’infezione ad altri organi, come cuore, fegato reni e cervello. “È ancora presto per stabilire se possa creare danni permanenti”, spiega Paola Pedrini, segretaria regionale per la Lombardia della Federazione Italiana dei Medici di Medicina Generale. “È una malattia nuova, serve del tempo per poter valutare i suoi effetti nel lungo periodo”. Al momento sono state riscontrate nei pazienti guariti “fibrosi polmonari, episodi di lombosciatalgia ma si tratta soprattutto di conseguenze della malattia”. Quello che è sicuro è che resta “una grande stanchezza”, risultato della grande lotta del fisico contro il virus e anche della terapia intensiva.
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Gli effetti della terapia intensiva a causa del virus
In linea generale, i danni causati dal Covid-19 possono essere estesi: oltre all’astenia, si riscontra la perdita (temporanea) di gusto e olfatto, difficoltà nell’orientamento e nel recupero emotivo. A tutto questo si aggiungono gli effetti della terapia intensiva, soprattutto quando è stata lunga.
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Impiegata in casi molto gravi per aiutare la respirazione, richiede l’impiego della sedazione, necessaria per poter sopportare la respirazione meccanica, e impone tempi di allettamento molto lunghi.