L’incredibile storia di una famiglia romana colpita dal coronavirus e mal assistita dal sistema sanitario dopo ripetuti tentativi di avvertimento
Il Coronavirus nasconde disavventure macabre, da racconto giallo. Dietro le parole di alcune famiglie si cela la sofferenza trascorsa a causa del virus e di un sistema sanitario da rivedere. La testimonianza di Francesca Pariboni è un esempio di famiglia vittima del virus, sottovalutato dal corpo sanitario nonostante la richiesta di soccorso.
Francesca racconta il suo calvario quando il padre il 30 Marzo, inizia a mostrare i primi sintomi da Covid-19. La ragazza racconta di quei momenti drammatici affiorati in casa e resi ancora più angosciosi dopo quasi un’ora e mezza di attesa al telefono con il numero verde. La superficialità di quella risposta data dal centralino dei soccorsi ha fatto infuriare Francesca. La situazione salutare del padre degenerava, mentre i dottori si rifiutavano di accoglierlo in ospedale definendo l’influenza una condizione di immunodepressione.
Il capo-famiglia Pariboni però era già un caso oncologico e Francesca aveva collegato immediatamente la malattia, quando il padre mostrava livelli di saturazione d’ossigeno molto preoccupanti. Paolo Pariboni doveva essere sottoposto necessariamente alle cure con poche speranze di sopravvivenza. Così la famiglia decide autonomamente di portarlo in ospedale.
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La denuncia al Sistema Sanitario
Paolo muore il 19 Aprile, ma la figlia Francesca denuncia con fermezza che se i soccorsi non avessero sottovalutato il problema, il papà sarebbe rimasto ancora tra loro. All’arrivo in ospedale la ragazza insieme alla madre avevano preteso con un’insistenza fuori dal comune di essere sottoposti a tampone. Lo ricevono dopo mille peripezie: risultato? Anche loro infetti. Francesca non presenta sintomi gravi, mentre la madre resta per precauzione ricoverata insieme al padre ma pochi giorni dopo viene dichiarata dal personale medico, fuori pericolo.
Il 30 Aprile la ragazza chiede nuovamente di essere sottoposta a tampone e la diagnosi replica la sua positività al coronavirus. Anche nel secondo caso il test è arrivato con netto ritardo, dopo oltre 2 settimane di attesa.
Le ripetute chiamate dei soccorsi ospedalieri all’abitazione di Francesca non avevano come mittente la stessa persona. Tutto ciò generava una confusione totale perchè Francesca doveva ripetere sistematicamente i sintomi che avvertiva.
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L’incredibile caso della famiglia Pariboni dunque è l’esempio eclatante di un sistema sanitario molto spesso subdolo e poco partecipativo.