Parla il militare Tommaso Chessa. L’uomo guidò i camion con i defunti di Bergamo. “Quelle bare fanno parte di me, io ci ho messo l’anima”
Ansia, paura, timore. Per giorni quella strada è diventata quotidianità. Partenza: Bergamo, destinazione: forni crematori disponibili. Ora, iniziata appena la fase 2, quei momenti sono solo ricordi. Ma l’esperienza di quei giorni ormai passati ha toccato profondamente chi l’ha vissuti, i militari in particolare, coloro che guidavano quei camion pieni di defunti. Tommaso Chessa, militare sardo, ripercorre dettagliatamente quegli attimi che non scorderà mai. “Quelle bare fanno parte di me, c’ho messo l’anima: vorrei un giorno conoscere i parenti di quei defunti – scrive in un lungo e commovente post su Facebook. – Ma la gente continua a non capire, facile dire qua non siamo a Bergamo”.
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Il messaggio di Tommaso Chessa va dritto al cuore. Il suo scopo è quello di fare capire, attraverso semplici e umili parole, la sua esperienza e la gravità degli eventi. Molti ancora non l’hanno capito. “Termina la fase uno…. che dire? Forse la gente non si rende conto, non ha materialmente avuto il tempo di percepire la realtà. Io vi dico la mia, anche se sono cosciente di non rendere (per fortuna l’idea)”, inizia così la lettera aperta che il caporalmaggiore capo scrive per raccontare le sue settimane alla guida di un camion dell’Esercito adibito al trasporto delle vittime bergamasche di coronavirus. “Essere alla guida di un camion, una giornata qualunque dove il pensiero ti porta oltre la tua quotidianità – scrive – Tu guidi, scambi due chiacchere con il collega alla parte opposta della cabina, ma quando per forza di cose, per un istante il silenzio rompe la tua routine, il tuo pensiero si posa su di loro – continua – realizzi che dentro quel camion non siamo in due, ma in sette…. cinque dei quali affrontano il loro ultimo viaggio… e sì…. l’ultimo“.
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“Ed è lì che sentì addosso quella grande responsabilità, qualcosa che ti preme dentro, ogni buca, ogni avvallamento sembra una mancanza di rispetto nei loro confronti…”. Le parole di un uomo che ha vissuto quell’orrore.
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