Il Covid-19 sembra mutato, i ricoveri sono diminuiti così come i decessi. Il virus non è più l’unica emergenza. Ci sono altre malattie gravi da curare e scongiurare con uno stile di vita sano, incompatibile con la chiusura totale o quasi delle attività.
A una settimana dall’inizio della c.c. “fase 2”, diminuiti gli arrivi per Covid-19 negli ospedali e i decessi, si inizia a prendere atto che esistono anche altre emergenze, parimenti gravi e cresciute all’ombra della pandemia.
Si tratta delle malattie (fisiche e non) che sono state trascurate a causa della necessità di dare la massima attenzione al Covid, ad esempio.
Come riporta Quotidiano Sanità, dai dati emersi da uno studio condotto dalla Società italiana di cardiologia (Sic) su 54 ospedali , in corso di pubblicazione sul European Heart Journal, saremmo addirittura tornati indietro di vent’anni.
Non solo. Secondo gli esperti se non viene ricostruita la rete dell’emergenza cardiologica i morti per le malattie cardiovascolari potrebbero essere di più di quelle per il Covid.
Infatti, per questo tipo di malattie ogni anno ci sono circa 260 mila decessi.
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Secondo Giuseppe Remuzzi, direttore dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri di Milano, intervenuto su questi temi a ‘Piazza Pulita’ su La7, «I malati di oggi sono diversi da quelli di un mese fa. Le terapie intensive diminuiscono così come i ricoveri. Prima arrivavano 80 persone al giorno tutte con difficoltà respiratorie gravi, oggi sono due su dieci, le altre otto le rimandiamo a casa. Questo perché il coronavirus sembra mutato, meno aggressivo. L’alternativa potrebbe essere il cambiamento della carica virale di ogni paziente. Sicuramente siamo di fronte a una malattia quasi totalmente diversa da quella d’inizio pandemia».
Tuttavia, non è ancora chiaro se ciò avvenga perché il grado di immunità è aumentato oppure se dipenda da altri fattori.
Lo stesso direttore ha anche spiegato sempre su La7 che è auspicabile gestire l’emergenza sanitaria in un modo diverso da quanto finora fatto. Ad esempio è necessario che i medici e i sanitari abbiano a disposizione i dispositivi di protezione individuale e che i medici “vadano nella casa dei pazienti, si può fare qualcosa per telefono ma a un certo punto bisogna andare nelle case; devono essere dotati di unità mobili dove c’è l’ossigeno”.
Si tratta di nuove modalità di trattare la situazione che potrebbero permettere di curare molti pazienti a casa senza doversi recare in ospedale (almeno in alcuni casi).
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