È un giovane orgoglio italiano il Maestro Filippo Arlia che dalla Calabria ha conquistato la critica internazionale. Soli 31 anni e una miriade di successi ed esperienze, raccontante a tu per tu nella nostra intervista
Ha soli 31 anni ed è un vero mattatore della scena musicale di casa nostra tanto da essere considerato dalla critica internazionale uno dei più brillanti e versatili musicisti italiani della sua generazione. Parliamo del Maestro Filippo Arlia, pianista e direttore d’orchestra calabrese che ha esordito, giovanissimo, come solista sulla scena mondiale. Un’intera tournée europea dedicata a G. Gershwin, compositore particolarmente caro al Maestro Arlia tanto da collaborare nel 2014 con Michel Camilo, ritenuto tra i più importanti pianisti jazz al mondo.
Si perché la vita artistica del Maestro è piena di contaminazioni artistiche andando oltre la tradizione accademica. Una visione non troppo standard che spinge il musicista a credere profondamente nel mix e nelle influenze tra generi, motore di cambiamento e miglioramento.
Fino ad ora Arlia ha tenuto più di 400 concerti come solista e direttore in oltre 25 Paesi al mondo. Dal 2011 si dedica anche alla direzione e per dare una marcia in più alla sua Calabria ha fondato l’Orchestra Filarmonica della Calabria, di cui direttore principale.
Di questo e molto altro il Maestro Arlia ha parlato con noi di YesLife, a tu per tu, in una bella e intesa intervista.
Maestro, lei è considerato dalla critica internazionale uno dei più brillanti e versatili musicisti italiani della sua generazione. Un riconoscimento importante, cosa significa per lei?
È un onore ricevere così tanti complimenti, personalmente credo di dovere tutto alla musica, che mi ha dato la possibilità di esprimere al meglio le mie qualità. Al di là di tutto, comunque, la mia strada è ancora lunga: nella musica e nelle arti in generale non si finisce mai di imparare e migliorare.
Ma andiamo per gradi. Lei ha esordito da giovanissimo come solista. Quando è iniziato il suo legame con la musica? E quando ha capito che la musica sarebbe stata il leitmotiv della sua vita?
Inizialmente lo studio della musica classica richiede un grande sacrificio: per i bambini non è facile approcciarsi agli strumenti musicali in modo professionale già in tenera età. Tuttavia, già in età adolescenziale ho capito che questa sarebbe stata la mia strada.
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Nella sua musica non solo note classiche ma anche il jazz. Come coniuga questi due generi?
Cerco di coniugare i due generi al meglio con la passione, perché amo particolarmente la musica jazz e sono un ascoltatore assiduo anche di soul e di gospel.
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Quanto la conoscenza e il legame profondo con Gershwin, tra gli artisti a cui è più legato, ha influito nel suo approccio jazz andando fuori dai canoni accademici?
Personalmente credo che attraverso la contaminazione tra generi musicali si possa solo migliorare. Forse il vecchio continente è esageratamente “razzista” dal punto di vista musicale: io credo che i generi non si debbano selezionare, ma integrare. Una specie di democrazia musicale, insomma, in cui la condivisione delle idee e dei pensieri possono migliorare le emozioni degli ascoltatori.
Andare oltre la tradizione accademica è un po’ il suo mood artistico. Ne è la dimostrazione il Duettango. Com’è nato il progetto e cosa ha rappresentato per lei la standing ovation di New York?
Duettango è un progetto che nasce nel 2008 per diffondere il repertorio di Astor Piazzolla nel nostro Paese: quando Piazzolla arrivò in Italia scrisse “Libertango” per essere trasmesso in radio e in tv con una musica che fosse di facile ascolto, ma il suo repertorio è molto vasto e sconosciuto ai molti. Vorrei sottolineare che ancora oggi nei Conservatori di musica gli artisti stentano ad avvicinarsi al repertorio di questo grande genio perché non lo considerano professionale: ovviamente si tratta solo di ignoranza e preconcetto. Per certi aspetti, New York ha consacrato il “Duettango” perché la Grande Mela ha un pubblico straordinario e assolutamente libero da pregiudizi culturali.
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Piazzolla è stato uno dei grandi artisti che da sempre lo hanno accompagnato nella sua giovane ma intensa carriera. Come si è avvicinato alla musica di Piazzolla?
Io ero uno di quelli che credeva il tango di Piazzolla un genere musicale poco colto, ma avevo 17 anni e le mie orecchie erano poco mature. A volte i giovani musicisti vengono addestrati dai loro insegnanti come dei cavalli da corsa, per suonare nel minore tempo possibile il maggior numero di note corrette. Ma questa non è musica: grazie a Dio non ho impiegato molto a capire che Astor è forse il più grande genio musicale degli ultimi 30 anni. Perciò consiglio a tutti i giovani musicisti di “stappare” le orecchie e liberarsi immediatamente da certi atteggiamenti dogmatici.
Nei suoi progetti anche la fondazione e direzione dell’Orchestra Filarmonica della Calabria. Cosa rappresenta per lei un progetto così importante e di responsabilità, nella sua terra natia?
La Calabria è l’unica regione italiana a non avere un’istituzione concertistica orchestrale stabile: questo penalizza tutti i giovani musicisti che sono costretti ad emigrare per esercitare la loro professione. Con un’orchestra stabile cerchiamo di porre fine a questa fuga di cervelli che alla lunga impoverisce la Calabria.
È in uscita il suo nuovo progetto Gioacchino Rossini “STABAT MATER”, una messa in musica dedicata alle vittime del Covid-19. Cosa ci può anticipare di questo lavoro?
Posso dire che è stata un’emozione lavorare con i solisti, che sono artisti di calibro internazionale. Inoltre, noi tutti siamo abituati a conoscere Rossini come il mago dell’opera buffa, mentre con lo Stabat dimostra di essere un compositore assolutamente completo.
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Nel mezzo dell’emergenza sanitaria come pensa che il mondo dello spettacolo potrebbe riorganizzarsi? Per la musica nello specifico cosa si potrebbe fare?
Navighiamo a vista, in effetti, perché il distanziamento sociale impedisce qualsiasi genere di esibizione pubblica. Il mondo dello spettacolo sarà senz’altro il più colpito, non facendo parte dei generi di primaria necessità. Per il momento possiamo affidarci allo streaming, alle tv e alle radio: ovviamente non è la stessa cosa, perché se manca il pubblico manca l’anima dello spettacolo.
Se pensa al futuro cosa vede per lei e la sua carriera?
Beh, a breve mi aspetta il compito più difficile: sono papà da poche settimane e dovrò insegnare il valore della musica a mio figlio.
Francesca Bloise