La quarantena ha richiesto un grosso cambiamento nelle abitudini di vita dei cittadini. Il confinamento ha avuto un grande impatto psicologico, economico e sociale e ha ridotto la qualità della vita.
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Nicola Cellini del Dipartimento di Psicologia Generale dell’Università di Padova in collaborazione con altre Università italiane ha analizzato la qualità del sonno in un campione di 1310 persone tra i 18 e 35 anni confrontando la settimana 17-23 marzo di lockdown e la prima di febbraio. I 1310 partecipanti, che hanno un’età media di 23.91 anni con un delta di ±3.60, sono stati divisi in due sotto-campioni: 809 di studenti universitari e 501 lavoratori. Lo studio è stato fatto tra il 24 e il 28 marzo attraverso dei questionari in cui si chiedeva ai soggetti di descrivere l’orario medio in cui andavano a letto e di quando si svegliavano, la loro difficoltà ad addormentarsi e se il loro sonno fosse riposante. Inoltre sono state fatte domande sull’uso della tecnologia prima di mettersi a dormire e sul loro percepire il tempo che passa. L’obiettivo era individuare i cambiamenti di abitudini e la percezione dei ritmi durante la quarantena.
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“Durante la quarantena erano chiare le difficoltà ad addormentarsi”
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“Già dai primi giorni della quarantena – Nicola Cellini – risultava evidente dai commenti sui principali social network come le persone avessero difficoltà legate al sonno e avessero problemi a rendersi conto del tempo che scorreva. Molti si sono rifugiati nell’uso di piattaforme digitali come i Social media, Youtube e Zoom”.
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“Ci siamo chiesti – continua Cellini – anche quale fosse lo stato di salute mentale delle persone e se questo aumento di uso degli strumenti digitali potesse influenzare i ritmi e la qualità del sonno”.