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Fase 2, clienti “schedati” da ristoranti e parrucchieri

È così che si riparte per il secondo step della fase 2. Ristoranti e parrucchieri da ieri hanno l’obbligo di registrare i propri clienti e mantenere il loro dati per 30 giorni

(Foto di Justin Ridgers-Pixabay)

Si riparte ma con attenzione e puntualità. È questo il leitmotiv che accompagna la ripartenza degli esercizi commerciali nel secondo step della fase 2. Non un “liberi tutti” ma un re-start che prevede regole ben precise.

Tra queste quella del tracciamento della popolazione in specifici ambienti. Da ieri, infatti, ristoranti e parrucchieri hanno l’obbligo di “schedare” i loro clienti e conservare il registro con tutti i dati per 15 giorni. Questa una della novità previste dal nuovo decreto che traccia alcune delle nuove linee guida che ci permettono di convivere con il virus.

Sì a libera circolazione tra comuni della stessa regione, sì a rivedere gli amici, addio all’autocertificazione ma attenzione al monitoraggio della popolazione. Tutto questo per tenere sotto controllo gli spostamenti, evitare la nascita di nuovi focolai e garantire la riapertura delle attività in sicurezza.

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Fase 2, come funziona il tracciamento

Ristorante (Getty Images)

Come si svolge dunque il tracciamento? Per tutti coloro che si recheranno da parrucchieri, saloni di bellezza e ristoranti dovranno fornire i dati personali (nome, cognome e recapito telefonico) che verranno annotati in un registro. Il titolare sarà tenuto a conservarlo per almeno 15 giorni.

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Qualora, infatti, uno dei clienti dovesse risultare positivo al coronavirus sarà compito del titolare dell’attività rintracciare tutti coloro che in quella specifica giornata avrebbero potuto incrociare il contagiato. Oltre al fatto di dover controllare sé stessi ed i propri dipendenti.

Per i parrucchieri è obbligatorio indossare il camice monouso e cambiare la divisa ogni fine turno. In questa nuove disposizioni preoccupa per molti il rispetto della privacy. Dove finisce la riservatezza? Si chiedono in molti. Ma tutto questo è a norma di legge. Quella europea, infatti, stabilisce che chi si occupa della raccolta dati è obbligato a non divulgarli e conservarli nel massimo riservo.

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(Getty Images)

È possibile rifiutare di fornire i propri dati ma è consigliato farlo. È importate ricordare, infatti, che se i titolari di saloni e ristoranti dovesse vendere o diffondere le informazioni riservate, rischierebbero sanzioni severe e multe salate.

 

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