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Omicidio Luca Varani: il caso che i giornali definirono “Il nuovo Circeo”

Luca Varani, ragazzo di 23 anni, venne barbaramente ucciso in un appartamento di Roma nel marzo 2016 da Marco Prato e Manuel Foffo.

Luca Varani (foto dal web)

Sono passati oltre 4 anni dall’omicidio di Luca Varani, il ragazzo di 23 anni brutalmente assassinato a Roma nella notte tra il 3 ed il 4 marzo 2016. Quello del 23enne è un delitto che riempie le pagine dei giornali sin da subito per le trame dietro a quanto accaduto, ma soprattutto per la sua efferatezza. La vittima, difatti, come ricostruiranno gli inquirenti dopo essere stata drogata e torturata venne colpita ripetutamente: gli esami stabiliranno che Varani fu raggiunto da 100 tra coltellate e martellate. A perpetrare quanto poc’anzi descritto, Marco Prato e Manuel Foffo, due ragazzi conosciutisi alcuni mesi prima del delitto rispettivamente all’epoca di 30 e 28 anni.

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Omicidio Luca Varani: la ricostruzione del delitto nella casa degli orrori di Roma

Luca Varani (foto dal web)

Sembra essere una notte come tante quella tra il 3 ed il 4 marzo 2016, ma in un appartamento di Roma si stava consumando uno dei più efferati e drammatici delitti degli ultimi anni. In un’abitazione di via Igino Giordani, in zona Collatina, veniva brutalmente ucciso il giovane Luca Varani, ragazzo di 23 anni originario della ex Jugoslavia, ma adottato da una famiglia della Capitale.

A raccontare quanto accaduto in quell’appartamento saranno gli esecutori materiali del delitto, Marco Prato e Manuel Foffo, due ragazzi all’epoca di 30 e 28 anni. La ricostruzione fornita agli inquirenti è tanto complessa quanto agghiacciante, come la scena del delitto presentatasi davanti ai carabinieri quando fecero irruzione nell’appartamento il 5 marzo. Il cadavere di Varani si trovava avvolto in un piumino nel letto con un coltello ancora conficcato nel petto. L’appartamento era stato ripulito, ma presentava ancora i segni delle barbarie messe in atto solo alcune ore prima.

I due, come riportano i quotidiani dell’epoca, spiegano agli inquirenti di aver organizzato una sorta di festino nella casa di proprietà di Foffo a base di alcool, droga e pare anche sesso. Il “festino” iniziato il 2 marzo, sarebbe proseguito la sera successiva, quando i due avrebbero iniziato ad inviare dei messaggi a dei conoscenti per invitarli in casa: in cambio avrebbero offerto soldi e cocaina. I due pare avessero maturato una sorta di desiderio di infliggere del male a qualcuno. Tra i destinatari del messaggio c’è anche Varani, che secondo Foffo si prostituiva. Circostanza però smentita dalla fidanzata della vittima.

Il 23enne accetta l’invito e si reca nell’appartamento di via Iginio Giordani, qui gli sarebbe stata somministrato attraverso una bevanda con all’interno uno psicofarmaco. Poi la brutale aggressione: il corpo di Luca viene torturato per tutta la notte. A documentare quanto subito è il rapporto choc dell’autopsia. Il giovane è stato ripetutamente raggiunto da fendenti e martellate, per un totale di circa 100 colpi che hanno portato alla morte per dissanguamento: un’agonia di circa due ore. Agghiacciante ricostruzione confermata anche dal racconto di Foffo che agli inquirenti disse: “Luca non voleva morire: dopo un minuto di silenzio ricominciava a respirare“.

Terminate le sevizie, i due si addormentano vicino al cadavere sino al mattino successivo. Foffo decide di confessare l’omicidio al padre che lo convince a costituirsi ai carabinieri che rinvengo il cadavere e fanno scattare le indagini. Prato, intanto, si rifugia in un hotel dove prova a togliersi la vita. I due vengono arrestati, mentre i giornali iniziano a riportare la notizia della tragedia indicandolo come “Il nuovo Circeo“.

Omicidio Luca Varani: i processi per Manuel Foffo ed il suicidio di Marco Prato

Nel febbraio 2017, a distanza di circa un anno, Foffo viene condannato a 30 anni dal Gup con rito abbreviato. Prato, invece, in attesa di giudizio si toglie la vita pochi mesi dopo, a giugno, nel carcere di Velletri. A luglio del 2018 i 30 anni di reclusione inflitti a Foffo vengono confermati anche dai giudici della Corte d’assise d’appello di Roma che ritengono l’imputato “capace di intendere e di volere” contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa che aveva anche richiesto un trasferimento dal carcere in una Rems, residenza per l’esecuzione delle misure di sicurezza. I giudici riconoscono anche l’aggravante della crudeltà all’accusa di omicidio volontario.

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(foto dal web)

Nel luglio dello scorso anno, la prima sezione penale della Corte di Cassazione ha messo definitivamente il punto sulla vicenda confermando la condanna per Foffo a 30 anni di reclusione.

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