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Covid-19, la scoperta: cosa protegge i bambini dal contagio

Gli studi di ricercatori americani hanno scoperto cosa protegge i minori: i bambini hanno pochi recettori sulle cellule nasali

Bimbo (pixabay)

Un saggio appena pubblicato da Jama, la rivista dell’American Medical Association, ha trovato una possibile spiegazione nei pochi contagi tra i bambini: le cellule che rivestono l’interno del naso dei bambini, le prime su cui il virus inciampa, hanno meno recettori ECA-2. Queste sono le porte di ingresso del covid-19 nell’organismo. Il lavoro, uno dei primi a cercare di trovare una spiegazione per l’apparente protezione dei minori, mostra che con l’età aumenta la proporzione di questi recettori. Lo studio ha utilizzato 305 campioni di tessuto nasale conservati presso l’istituto di ricerca associato al Mount Sinai Hospital di New York. Questi ultimi, prelevati tra il 2015 e il 2018 a persone di età compresa tra 4 e 60 anni. Gli stessi autori ammettono che la fascia di età è una limitazione, perché non ci sono persone anziane, che sono il gruppo più colpito dal coronavirus.

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Cosa protegge i bambini, la scoperta

BIMBA MALATA (foto dal web)

Il motivo per cui ci sono meno casi di coronavirus nei bambini e l’infezione è generalmente molto lieve non è noto, afferma Cristina Calvo Rey, portavoce dell’Associazione spagnola di pediatria, che ritiene che questa spiegazione “sia molto plausibile”. “L’abbiamo considerato molte volte e questo studio è uno che potrebbe contribuire perfettamente a chiarirlo“, afferma. Tuttavia, “la ragione è probabilmente multifattoriale”, afferma. Tra le possibili spiegazioni che sono state soppesate, vi è che i bambini sono molto abituati a contattare virus, come altri coronavirus o enterovirus, e possono aver sviluppato un qualche tipo di immunità,  dice il pediatra. Cristóbal Coronel, segretario della Società spagnola di Pediatria delle cure primarie (Sepeap), concorda:

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Bambina che studia (foto Pixabay)

“Bisogna tener conto del fatto che la maggior parte delle immagini catarrali dei bambini, le più frequenti, sono prodotte da un coronavirus“. “Sono stati fatti così tanti lavori e ricerche che spero che in breve tempo avremo risposte”, afferma Calvo Rey.

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