Covid19, caldo ed umidità stanno rallentando i contagi. Dall’inizio della Fase 2 non c’è stata la tanto temuta impennata. Tuttavia è valido l’invito alla cautela
Da quando la pandemia COVID19 è scoppiata per la prima volta questo inverno, le speranze hanno continuato a persistere che il diffondersi del virus si potesse estinguere con il cambio delle stagioni.
Ad aprile il virus però continuava a perversare. Ma con l’avvicinarsi dell’estate nell’emisfero settentrionale, gli esperti stanno iniziando a vedere un piccolo impatto dall’aumento delle temperature e dell’umidità.
Il COVID19 appartiene a una grande famiglia di virus respiratori inclusi alcuni che causano raffreddori comuni. Poiché queste malattie si attenuano e diminuiscono con le stagioni, alcune ricerche hanno suggerito che anche COVID19 lo avrebbe fatto. Ma altri hanno riscontrato impatti minori o nulli dai cambiamenti climatici.
I virus del raffreddore e dell’influenza si diffondono più facilmente in inverno, in parte perché l’aria è più secca. L’aria estiva più calda trattiene naturalmente più umidità. Le particelle di virus non viaggiano in un ambiente umido.
Si può osservare una riduzione del 2% circa della trasmissione per ogni grado Celsius di aumento della temperatura. Non è un effetto enorme ma a temperature più calde potrebbe fare la differenza. Il quesito non è ancora sciolto però.
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Covid19 e alte temperature: il parere di Guido Silvestri dell’ Emory University
Il clima da solo non può estinguere l’epidemia in estate, anche se potrebbe aiutare a ridurre le velocità di trasmissione in una certa misura. Il calore e l’umidità potrebbero inoltre spiegare in parte le dimensioni minori di focolai nell’Asia meridionale e in Africa.
La densità della popolazione, le misure di distanziamento sociale e gli strumenti di salute pubblica come i test e la tracciabilità dei contatti hanno probabilmente un impatto maggiore rispetto alle condizioni meteorologiche, hanno detto gli esperti.
Il professor Guido Silvestri, ordinario di Patologia Generale alla Emory University di Atlanta, aveva dichiarato settimane fa di sperare molto sul fattore climatico. Ha sempre considerato seria la possibilità che una temperatura più alta freni la diffusione più alta del virus. “Ci sono una serie di fattori che sembrano suggerirci quest’ipotesi. Ad esempio, la difficoltà del virus di diffondersi sotto una certa latitudine. Con l’arrivo della bella stagione vedremo.”
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Con l’inizio della Fase 2 in Italia e l’effettiva diminuizione dei contagiati, Silvestri ha detto: “Sono curioso di sapere come spiegano questi dati quelli che il 4 maggio dicevano: ‘È presto per la riapertura, il caldo non aiuterà.’ Ma sono persone molto intelligenti e preparate, quindi avranno sempre la risposta pronta.”
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