Il coronavirus può essere meno letale grazie all’autopsia, esame specifico che però il Ministero della Salute sconsiglia sui chi è stato malato di Covid-19. I medici hanno però trovato l’intuizione giusta
Coronavirus ed autopsia, uno strano legame che però sembra funzionare, e anche bene. È quello che hanno scoperto i medici con una ottima intuizione che sembra mitigare gli effetti del Covid-19. Gli specialisti, infatti, hanno un’arma in più per rendere meno aggressivo il virus e combattere meglio l’infezione.
Tutto questo grazie a chi ha deciso di non rispettare i protocolli. Si perché secondo una circolare del 2 maggio del Ministero della Salute è sconsigliato ai medici fare esami post mortem ai deceduti per Covid-19. Una decisione presa per tutelare gli operatori sanitari nel momento di massimo picco dell’epidemia. Invece proprio grazie alle autopsie gli specialisti hanno capito come rendere meno letale la malattia.
Con questo non si intende che il Covid-19 sia diventato meno pericoloso. Il virus di per sé non è cambiato ma è stata fatta una grande conquista.
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Coronavirus ed autopsia, l’importanza dell’esame e lo studio
L’autopsia è stata fondamentale per arrivare a capire un importante dettaglio sul coronavirus. Un esame sconsigliato ma che è stato condotto ugualmente e grazie al quale ora le conoscenze sul virus sono maggiori.
È stato merito di Andrea Gianatti, responsabile dell’Anatomia patologica dell’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo. Insieme ai suoi colleghi ha deciso di andare contro i protocolli e di studiare un centinaio di cadaveri. Tutte persone morte a causa del coronavirus. È studiando questi corpi che Gianatti e il suo team ha scoperto che molte morti da Covid-19 erano accomunate da tromboembolie che si verificavano nelle arterie dei polmoni.
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Questo ha permesso di capire che eparina e cortisone possono essere farmaci salvifici soprattutto per chi è meno compromesso dalla malattia. “Gli ultimi decessi si riferiscono a una coda di lungodegenti della rianimazione – ha spiegato lo specialista in una intervista a il Quotidiano.net – Sembravamo sotto un uragano”.
Proprio per questo per Gianatti era indispensabile capire perché si verificasse questa tempesta di citochine. “Gli ecografi faticano a visualizzare certe piccole lesioni – ha specificato – che sono visibili solo al microscopio”.
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È così che con l’eparina si interviene sulla coagulazione. Si tratta di un farmaco fluidicante, mentre il cortisone serve a tamponare l’infiammazione vascolare. Tutti questi dati sono stati raccolti in uno studio che sarà pubblicato sulla rivista scientifica The Lancet.