Stella Egitto, brillante attrice siciliana si è raccontata a cuore aperto in un’intervista a YesLife tra vecchi successi e progetti futuri
Intelligente, preparata, arguta, tutte qualità che hanno decisamente portato Stella Egitto al successo. Fin da giovanissima ha scoperto la sua vocazione e l’ha perseguita con tenacia e sacrificio. Cinema, serie tv, teatro, ha dimostrato la sua versatilità in diversi campi del suo settore lavorativo. Pif l’ha scelta per interpretare il ruolo di Teresa nel film In guerra per Amore. La ritroviamo nei panni di Linda nel film Tu mi nascondi qualcosa con Rocco Papaleo, Sarah Felberbaum e Giuseppe Battiston. L’abbiamo vista a fianco di Luca Zingaretti ne Il commissario Montalbano. Questa è solo una piccola parte del suo curriculum costellato di progetti interessanti, a volte innovativi e non convenzionali. Scopriamo di più su di lei attraverso le sue parole.
Partiamo dalle origini. Nasci a Messina alla fine degli anni ’80. Come hai mosso i primi passi nel mondo della recitazione iniziando nella tua città?
Ho maturato la decisione di voler studiare per fare il mestiere di attrice più o meno a metà del mio percorso liceale. Ho frequentato il liceo scientifico a Messina. Verso il terzo anno sono venuta in contatto con la drammaturgia. Sia il mio professore d’italiano e latino, sia una professoressa che gestiva i laboratori teatrali per gli studenti hanno iniziato a proporci dei testi da leggere che mi hanno appassionata sempre di più. Da quel momento ho cercato anche laboratori fuori dal contesto della mia città, intraprendendo un iter stupendo in tal senso. Preso il diploma mi sono detta: “Sai che c’è? Ma perché non posso provare ad andare avanti per questa strada?” Tutti dicono che è un mondo difficile, che ce la fanno solo i raccomandati. Io caparbia, testarda e forse anche un po’ inconsapevole mi sono messa a studiare e ho provato. Ho fatto la selezione sia per l’ Accademia di Arte Drammatica a Roma, sia per il Piccolo a Milano. Le supero entrambe, grazie anche ad un’enorme fortuna, dico io. Mi sono trasferita a Roma e la mia vita è cambiata.
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Ti faccio una domanda un po’ polemica. Ti sei formata all’Accademia di Arte Drammatica Silvio D’Amico. Hai alle tue spalle fatica e preparazione. Già da tempo però assistiamo a fama veloce che porta a successi di pubblico anche per chi non ha fatto il tuo stesso iter. Cosa ne pensi?
Io sono figlia di una preparazione accademica e della scuola di pensiero che non ci si può improvvisare nell’ “arte che si fa mestiere”. Navigando in questa professione ormai da qualche anno sono consapevole che il fenomeno della fama rapida, dovuta magari a partecipazioni a show televisivi, è una cosa che può accadere. C’è chi costruisce delle carriere uscendo da un reality, c’è chi deve sgobbare per una vita ottenendo magari 1/5 di quelle possibilità. E’ un mestiere che da questo punto di vista non ti dà garanzie. Tuttavia do molto peso al talento; magari un attore “preso dalla strada” ha capacità incredibili che riesce a mettere a frutto. Forse si tratta di capire bene chi sei nella vita. Ecco, io voglio essere preparata. Nemmeno da ragazzina ho mai pensato che ci si possa improvvisare in qualunque mestiere. Il mio approccio verso qualsiasi cosa che non conosco è lo studio. Sono figlia di nessuno, artisticamente parlando, e mai nella vita mi sognerei di prendere scorciatoie. Io faccio l’attrice, non faccio spettacolo, è diverso. Ma va bene così, poi bisogna vedere a lungo termine, chi non ha una formazione, quanto possa mantenere quella botta di fortuna che ha avuto.
Ti dividi tra cinema (indipendente e non), teatro e fiction tv. Preferisci uno di questi mondi o ti senti più legata ad uno di essi?
Sono nata a teatro e quello è il mio primo amore, è mio “padre”. Il desiderio quindi di tornare a casa, dal proprio padre è sempre forte. Lo faccio ogni volta che posso. Dopo di che ti accorgi che ci sono tantissimi altri linguaggi comunicativi, vai a ricercare qualcosa che ti somigli, in cui sai che puoi dare molto di te. Malarazza, film indipendente girato a Catania, mi ha offerto la possibilità d’interpretare un ruolo bellissimo. E’ stato un pezzo di cuore. Siamo arrivati ai David di Donatello con quest’opera. L’esperienza del video clip musicale per i Tiromancino o gli spot pubblicitari invece sono delle occasioni di set brevi, concentrate… le ho vissute con grande divertimento. “In guerra per amore” di Pif è stato il primo grande film; ho interpretato un personaggio con un ruolo emotivo molto delicato in cui mi sono ritrovata. Posso dire però che nessuna delle scelte che ho fatto le ho considerate “lavoro e basta”. Ho rifiutato soldi facili, semplicemente perché mi si proponevano progetti che non m’interessavano. La carriera infatti si costruisce sui “no” esattamente quanto sui “si”.
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Hai partecipato a Il commissario Montalbano. E’ una serie esportata in tutto il mondo e per chi viene dalla Sicilia penso abbia un valore aggiunto. Com’è stato per te lavorarci?
E’ stato bellissimo per mille ragioni. Da siciliana, fare parte di un progetto che è frutto della penna di uomo che è stato un patrimonio culturale del mondo come Camilleri e dare vita al suo immaginario, è indescrivibile. Lavorare con Luca Zingaretti è stata una scoperta. E’ un collega di una generosità unica. Non è stato facile. E’ un set in cui si lavora da 15 anni, in cui ci sono persone che si conoscono alla perfezione, si capiscono con uno sguardo. Si ha sempre un po’ di timore a far parte di una squadra così rodata. E’ come entrare in una famiglia già formata, non sai mai quanto ti sposteranno la sedia per farti star comoda. Ed invece Luca è stato un grande padrone di casa, si metteva a leggere le scene al mattino con me. Alberto Sironi è stato un regista impeccabile, purtroppo non c’è più. Ne conservo un ricordo meraviglioso. Ho avuto la possibilità di vedere luoghi della Sicilia in cui non ero mai stata. Essendomene andata a 18 anni e tornando solo per le vacanze mi rendo conto che tante zone della mia terra ancora non le conosco ma negli ultimi anni ho recuperato tantissimo. Da ragazzina magari pensi a viaggiare verso le capitali europee, invece da adulta riscopri molte cose.
Il Coronavirus e il periodo di lockdown hanno sancito uno stop netto per chi vive di arte e spettacolo. Come ha influito la situazione su di te sia a livello personale che professionale? Che futuro prevedi per il tuo settore lavorativo?
Credo che questo momento abbia messo in moto una serie di persone che si sono poste in prima linea e stanno avendo un dialogo con i sindacati e con le istituzioni a tal riguardo. Si sta finalmente ponendo attenzione sulla riforma dello statuto dei lavoratori nel campo dello spettacolo, si stanno rivedendo molte regole. Questo purtroppo è un problema tipicamente italiano. Noi potremmo essere uno dei paesi più ricchi del mondo se vivessimo di cultura e di arte, considerando tutto quello che possediamo. Non lo sappiamo sfruttare. Ho grande fiducia che però sarà un’occasione per rivedere molte cose, quando si tocca il fondo è il momento di rimboccarsi le maniche. Immaginate come sarebbe stata questa quarantena senza il mondo dell’arte: libri, film, serie tv, musica…
Domanda strana tanto per divertirci: c’è un ruolo maschile che ti piacerebbe interpretare?
Mi divido tra Mercutio e Iago. Resto fedele a Shakespeare, mio grande amore. Mercutio perché nell’immaginario shakespeariano è tra i personaggi più sfaccettati. Ti dà la possibilità di volare con l’interpretazione. Ha una funzione incantevole accanto a Romeo. Iago perché di fatto è lui il vero protagonista dell’Otello. E’ il non plus ultra dell’incarnazione della debolezza e di come essa possa portarti a tirare fuori il peggio di te. Io portai proprio l’ Otello in Accademia come prima prova. Io facevo Otello e mia madre mi dava le battute come Desdemona. Mi ha portato fortuna.
Hai un regista del cuore? Qualcuno con cui hai lavorato e vorresti replicare? Oppure qualcuno di cui stimi il lavoro e da cui ti piacerebbe essere diretta?
Mi piacerebbe lavorare con Emanuele Crialese. Lo amo alla follia, vorrei che facesse un film l’anno. E ovviamente tre big boss che sono Sorrentino, Virzì e Garrone. Dal punto di vista internazionale mi viene in mente Xavier Dolan o Jean-Pierre Jeunet , regista di Delicatessen e de Il favoloso mondo di Amelie.
Ti vedi nei panni di regista in futuro? Pensi sia un mondo ancora declinato solamente al maschile?
Effettivamente sono stata diretta pochissime volte da una donna. Si stanno pian piano facendo largo anche le donne in questo settore. Forse però si stanno imponendo di più nel campo della sceneggiatura. Io personalmente non penso di cimentarmi in questa veste, non ora almeno. Vorrei avere la capacità di scrivere una storia, una sceneggiatura, prima di pensare di poterla dirigere. In questa quarantena ho esplorato da questo punto di vista la drammaturgia. Non si sa mai, al momento sto mettendo su carta delle cose. Chissà che forma prenderanno. Prima che un film possa essere diretto o interpretato in maniera divina dev’essere ben scritto.
Hai interpretato ruoli tra i più disparati. Ne hai uno a cui sei particolarmente affezionata, nel quale magari ti riconosci o che hai sentito semplicemente tuo?
Rosaria di Malarazza. Il film, come dicevo prima, è stato girato in due quartieri particolari della periferia di Catania: Librino e San Berillo. Sono delle zone tutt’altro che facili e dovendo raccontare un personaggio che veniva da quel contesto sociale ho sentito l’esigenza di una preparazione ancora più forte. Sono andata a fare dei sopralluoghi, ho parlato con prostitute transessuali e con donne che alla mia età, appena trentenne, avevano già 5 figli. Non lo dico con giudizio, sono situazioni semplicemente diverse. Magari hanno un senso della famiglia più grande. E’ stata una palestra dal punto di vista attoriale. E’ un film duro, il livello di concentrazione è sempre stato altissimo. Così come alto è stato il dolore provato. Ho visto delle situazioni sociali molto distanti dalla mia. Provengo da una famiglia medio-borghese, questi contesti non li conoscevo.
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Domanda di rito: ci puoi parlare dei tuoi progetti futuri?
Ho in cantiere uno spettacolo teatrale, “Follia” di William Shakespeare con Lorenzo Richelmy per la regia di Max Mazzotta. Insieme a noi c’è una compagnia di attori calabresi straordinaria. Prima dell’inizio del lockdown avevamo iniziato a provare da 15 giorni e ci siamo dovuti fermare ma lo riprenderemo. Ho anche in uscita due film. Karim per la regia di Federico Alotto dove interpreto un ruolo molto diverso dal solito. Parla di una cellula terroristica infiltrata in Italia. Poi Nel bagno delle donne di Marco Castaldi, un’opera prima, una commedia di grande spessore, molto contestualizzata nel sociale, con Daphne Scoccia e Luca Vecchi.
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