Uno studio di ricerca medica ha appurato dati alla mano un dimezzamento del numero di ricoveri per infarto. Il professor Indolti però fa marcia indietro
Uno studio di ricerca medico-scientifica ha anlizzato nella settimana di marzo che correva dal giorno 12 un dato fortemente al ribasso dei ricoveri per infarto. Lo evidenzia precisamente l’European Heart Journal che ha studiato un campione rappresentativo di unità ricoverate, causa dolori al petto e successivamente al braccio sinistro, in 54 strutture cliniche.
I risultati dello studio medico hanno confutato la tesi del numero ridotto di pazienti affetti da malattie cardiache. La vera analisi della situazione non rispecchia affatto le valutazioni pronunciate da alcuni esperti del mestiere, disattenti nel non aver considerato l’incidenza del coronavirus in questo contesto.
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In questo clima di scetticismo reale, il numero dei pazienti affetti da infarto non sarebbe dunque dimezzato, anzi, addirittura triplicato rispetto allo scorso anno. Le cause più comuni come ci spiega il Professor Indolti sono quelle legate alla paura di rivolgersi ad una struttura sanitaria di competenza per timore di contrarre la malattia. In questi periodi, spiega Indolti che “i dolori al petto avvertiti, siamo soliti erroneamente associarli al rischio contagio”.
Un esempio lampante è la storia di Roberto un giovane uomo colpito da un infarto durante la notte. L’invito tempestivo della moglie di concedersi agli organi sanitari gli ha donato una seconda vita. Roberto avrebbe maturato certamente la morte se non si fosse recato tempestivamente in ospedale.
“L’infarto è una malattia che può essere più subdola del coronavirus” – spiega l’esperto -. Più passa il tempo, più si riducono le speranze di sopravvivenza se non ci si rivolge alle strutture sanitarie specializzate. Il cuore dell’organismo entra nel tunnel dell’orrore e vi resisite per una mezz’oretta, riducendo considerevolmente le possibilità di rimettere tutto in sesto.
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Questa è la realtà dei fatti nella quale ci stiamo erroneamente cullando. “Così facendo, in futuro avremo danni irreversibili e un numero di casi ancora più elevato per i prossimi mesi” – conclude il dottor Indolti.
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