Colesterolo buono e colesterolo cattivo. Quali le differenze e com’è cambiata la mappa mondiale sui rischi relativi secondo uno studio durato 40 anni
E’ notizia risaputa che esistono due tipologie di colesterolo: uno buono e uno cattivo. A renderlo tale è la presenza di lipoproteine che lo trasportano nel sangue: le lipoproteine ad alta densità HDL (High Density Lipoproteins) e le lipoproteine a bassa densità LDL (Low Density Lipoproteins).
Il colesterolo Ldl è quello cattivo, si deposita nelle arterie creando placche aterosclerotiche e un conseguente aumento di rischio di malattie cardiovascolari. Le HDL invece, hanno la funzione di spazzini, portano il colesterolo cattivo dalle periferie verso gli organi che lo utilizzano o lo eliminano, come il fegato.
Il colesterolo alto nel sangue è in genere considerato una caratteristica dei paesi ricchi occidentali. Tuttavia, i determinati regimi dietetici e comportamentali stanno cambiando rapidamente lo scenario in tutto il mondo.
Uno studio durato quasi 40 anni (dal 1980 al 2019) Ncd Risk Factor Collaboration (Ncd-RisC), evidenzia il cambiamento di trend. Sono state raccolte informazioni su 102,6 milioni di individui in duecento paesi diversi nell’arco di tutto questo tempo. Si è registrato un un effetto netto degli aumenti di colesterolo LDL nei paesi a basso e medio reddito, in particolare nell’est e nel sud-est asiatico, e delle diminuzioni nei paesi occidentali ad alto reddito, in particolare quelli dell’Europa nord-occidentale e dell’Europa centrale e orientale.
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Colesterolo: i risultati scientifici riguardo l’Italia
Il riposizionamento globale del rischio correlato ai lipidi dovrebbe motivare interventi politici basati sia sulla sensibilizzazione per migliorare la nutrizione sia sull’accesso più facilitato alle cure in tutto il mondo. Il colesterolo nel sangue è uno dei più importanti fattori di rischio per cardiopatia ischemica (IHD) e ictus.
Qual è la situazione dell’Italia a riguardo? Il nostro paese è tra i più attivi per quanto riguarda il fattore prevenzione. I medici di famiglia, le autorità sanitarie, le campagne informative, hanno fatto tutti un ottimo lavoro per far raggiungere alle persone consapevolezza, conducendole verso stili di vita più corretti. L’Italia guadagna venti posizioni in classifica in quarant’anni per quanto riguarda il colesterolo non hdl negli uomini. Il risultato è più evidente nelle donne, addirittura cinquanta posizioni di miglioramento.
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Simona Costanzo, epidemiologa dello studio ‘Moli-sani’, dice: “E’ il risultato di un grande sforzo di prevenzione che tutte le nazioni occidentali, con l’Italia tra le più attive, hanno portato avanti nel corso degli anni.”
Licia Iacoviello, direttrice del dipartimento di Epidemiologia e prevenzione e professoressa di Igiene e Salute pubblica all’università dell’Insubria di Varese dichiara invece: “Ci sono ancora tante vite da salvare. La prevenzione deve essere il fulcro della medicina dei prossimi anni. E c’è molto ancora da fare soprattutto per i paesi in via di sviluppo”.
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