Vladimir Putin avrebbe appreso del disastro ambientale verificatosi in Artide lo scorso 29 maggio, tramite i social network: a suo dire il Governo sarebbe venuto a conoscenza dei fatti solo due giorni dopo l’accaduto.
Vladimir Putin si trova a gestire un momento molto delicato. Fra crisi sanitaria a causa del Covid-19 e vita politica in bilico, perché pare che adesso stia perdendo consensi, un’altra tegola si è abbattuta sulla sua testa. Il 29 maggio scorso, infatti, in Artide si sarebbe registrato un disastro ambientale di proporzioni epiche. Nella centrale elettrica TEZ-3 presso Norilsk, ben oltre il Circolo polare, ben ventimila tonnellate di diesel e lubrificanti sono fuoriuscite da una cisterna. Di queste quindicimila sono finite in acqua e seimila assorbite dal terreno. Un’immane tragedia, che però sarebbe stata documentata tramite i social e di cui Il Cremlino si è detto essere stato all’oscuro per due giorni.
Il Presidente russo, per tale ragione, avrebbe perso le staffe. A suo dire la colpa sarebbe di chi non ha allertato le agenzie governative.
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Disastro ambientale nell’Artico: Vladimir Putin si scaglia contro i suoi
“Perché le agenzie governative lo hanno scoperto solo due giorni dopo? Dobbiamo venire informati delle emergenze dai social media? È sicuro di stare bene?”. Queste, riporta la redazione de Il Sole 24 ore, sarebbero le parole che Vladimir Putin in videoconferenza avrebbe proferito nei confronti di Serghej Lipin, il responsabile della NTEK.
Non bastava l’emergenza sanitaria e la perdita di consensi: ad investire il Presidente russo anche il disastro ambientale di cui tutti ora si palleggiano la responsabilità. Una, purtroppo, pessima copia di quanto accadde a Chernobyl. Dove la Russia tra il non detto ed il trapelato, lascia sempre un po’ di dubbi circa la sua trasparenza.
La Protezione Civile russa sta cercando in ogni modo di raggiungere il sito dell’incidente ma il meteo avverso non gli consente ampio spazio di manovra. Nonostante ciò il direttore del Dipartimento avrebbe dichiarato di aver individuato la strada giusta da percorrere nonché la strategia più giusta per il contenimento.
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Greenpeace Russia, avrebbe paragonato quanto accaduto lo scorso 29 maggio con quanto accadde nel 1990 alla petroliera Exxon Valdez. In quel frangente la società che aveva causato il danno ambientale fu condannata a pagare 6 miliardi di multa. Purtroppo però in Russia è facile eludere le sanzioni comminate per tale tipo di fattispecie. A gran voce oggi gli attivisti chiedono quindi al Governo pene certe non solo per punire, ma soprattutto per prevenire.
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