Sgombero casapound, parla il vicepresidente: “L’eventuale sgombero? Se qualcuno ha intenzione di farlo, vediamo cosa succede quel giorno”
Associazione a delinquere finalizzata all’istigazione all’odio razziale e occupazione abusiva di immobile: sono i reati contestati dalla Procura di Roma, nell’ambito di un’inchiesta su casapound, nei confronti di sedici indagati. Sono compresi i vertici del movimento di estrema destra. Il tutto dopo l’indagine condotta dalla Digos. La Procura ha chiesto e ottenuto dal gip un sequestro preventivo del palazzo in via Napoleone III a Roma. Lì c’è di fatto la sede di casapound, il cui valore di mercato si aggira fra 11 e 13 milioni di euro e nel quale vivono anche diciotto famiglie, tutte legate al movimento. Ora l’immobile passa nelle mani del tribunale. A decidere invece sullo sgombero sarà il Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza in coordinamento con la Procura.
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Sgombero casapound, la minaccia alla sindaca Raggi
Il movimento, di chiara espressione fascista, ha già risposto al provvedimento. “Siamo qui da sedici anni e non abbiamo intenzione di andarcene, faremo ricorso quando ci notificheranno l’atto”, dichiara il vicepresidente di Casapound, Simone Di Stefano. L’eventuale sgombero? Se qualcuno ha intenzione di farlo, vediamo cosa succede quel giorno. Noi abbiamo intenzione di mantenere l’occupazione e il palazzo”. L’azione di notifica è arrivata su iniziativa dell’amministrazione comunale di Roma, guidata dalla giunta Raggi.
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A tal proposito, sono arrivate delle minacce alla sindaca sulla pagina facebook: “Ti ricordo che fra un anno l’attenzione mediatica e la scorta spariranno, ma il tuo nome resterà scritto nel libro nero dei camerati che hanno una buona memoria”, ha scritto qualcuno sul social network. Il vicepresidente del movimento ha preso le distanze dalle minacce.