Coronavirus, sciolti gli ultimi dubbi: l’ antinfiammatorio a casa utile per pazienti ad alto rischio. Lo conferma uno studio
Coronavirus, sciolti gli ultimi dubbi: l’antinfiammatorio a casa utile per pazienti ad alto rischio. Lo conferma uno studio guidato da Emanuel Della Torre, ricercatore dell’università Vita-Salute San Raffaele e immunologo dell’unità di immunologia, reumatologia, allergologia e malattie rare dell’Irccs San Raffaele. Lo studio è coordinato da Moreno Tresoldi, primario dell’unità di Medicina generale e delle cure avanzate. Secondo lo studio l’uso di antinfiammatorio è importante all’inizio della malattia, al punto da essere usato anche per la cura a domicilio. “Lo studio – afferma il coordinatore – è stato condotto nel mese di marzo, in piena pandemia. Abbiamo somministrato la colchicina in 9 pazienti domiciliari che, col passare dei giorni, avevano manifestato caratteristiche cliniche suggestive di un’evoluzione iper-infiammatoria”. Lo studio, poi, è stato effettuato su pazienti ad alto rischio di ricovero e supporto ventilatorio.
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Sciolti gli ultimi dubbi sull’uso del farmaco
“La colchicina è stata somministrata con una dose di carico seguita da una dose di mantenimento dopo almeno cinque giorni di febbre superiore 38°”, ha affermato Della Torre. “Tutti i 9 pazienti trattati a domicilio – prosegue- sono sfebbrati entro 72 ore con risoluzione della tosse e solo in un caso è stato necessario procedere al ricovero per un supporto di ossigeno a basso flusso”. Tresoldi ammette che andrebbero effettuati altre prove per confermare la tesi.
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Tuttavia, lo studio solleva degli spunti interessanti in tema di strategie terapeutiche. Resta la convinzione nell’equipe che ha effettuato lo studio che agire su un malato positivo di Covid in fretta con un antinfiammatorio eviti l’avanzata della malattia e aumenti la possibilità di evitare trattamenti successivi in terapia intensiva.