Sull’immunità da coronavirus ci si interroga nella comunità scientifica mondiale. Ne parlano diversi studiosi che spiegano come stanno le cose
Il coronavirus permette di essere immuni? Una volta, cioè, essere guariti dall’infezione le persone risultano immuni o possono ammalarsi di nuovo? Questa uno dei grandi interrogativi di questi tempi ai quali la scienza cerca di dare una risposta.
Certezze ancora non ce ne sono, il virus necessita di essere ancora studiato e osservato per bene, ma in base agli studi fatti e alle esperienze del passato qualcosa si può dire. Per saperne di più l’Adnkronos Salute ha interpellato diversi esperti tra virologi, epidemiologi, infettivologi, rianimatori e altri clinici.
“Da studi internazionali sappiamo che i guariti sviluppano anticorpi neutralizzanti, che poi sono presenti nel sangue dei convalescenti usato a scopo terapeutico”, ha spiegato Roberto Cauda, docente di Malattie infettive all’Università Cattolica del Sacro Cuore. L’incognita è sulla durata degli anticorpi e “per quanto tempo si conservano a livelli tali da essere protettivi: nel caso della Sars diversi anni”.
Lo segue il virologo dell’università degli Studi di Milano Fabrizio Pregliasco che conferma che in effetti “il virus Sars Cov-1 dimostrava una protezione almeno di alcuni anni”. Ma del comportamento del nuovo ‘cugino’ Sars-Cov-2 poco si sa ancora troppo poco e resta “un’incognita da verificare”. Questo accade perché “non si sa se il virus potrà mutare, come fa quello dell’influenza e quindi far perdere l’immunità acquisita”.
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Sulla stessa linea anche Giorgio Palù, past president della Società europea di virologia e professore emerito di Microbiologia dell’università di Padova che ha spiegato che ragionando per analogia rispetto alla Sars e Mers, gli anticorpi erano molto resistenti, arrivando ad essere validi fino a 3 anni. Uno studio ancora non pubblicato di Harvard spiega che gli anticorpi dovrebbero durare almeno 1 anno. Ma su questo c’è bisogno di cautela, ammette: “Ancora non lo sappiamo e non possiamo fidarci nemmeno di queste previsioni, dobbiamo verificarlo sperimentalmente su un numero rilevante di soggetti”.
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Dice la sua sull’immunità che potrebbe esserci o meno sulle persone che hanno contratto il coronavirus anche il virologo Andrea Crisanti. “Non tutte le persone che si infettano fanno anticorpi neutralizzanti – ha chiarito – Noi abbiamo rilevato che solo il 30-40% ha titoli di anticorpi che possono essere utilizzati in terapia”. Ancora troppo presto per il direttore del Dipartimento di medicina molecolare dell’università di Padova per poter parlare con certezza di immunità.
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Sull’argomento si è espresso anche l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) per voce di Tarik Jašarević. “Ci aspettiamo – ha detto – che la maggior parte delle persone infette da Covid-19 sviluppi una risposta anticorpale in grado di fornire un certo livello di protezione”.
Si sta lavorando in tutto il mondo per capire meglio qual è la risposta del corpo all’infezione: “Finora, nessuno studio ha risposto a queste importanti domande. Per questo motivo, non può esistere alcun ‘passaporto di immunità’ o ‘certificato di assenza di rischi”.
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