I contagiati da coronavirus in Brasile sono quasi un milione. Il governo non ha alcuna strategia di contrasto e la mortalità del virus arriva al 30%
I casi di Covid-19 in Brasile hanno quasi raggiunto il milione (è la cifra più alta in tutto il mondo dopo gli Usa): i morti sono quasi 50mila. Nelle favelas, gli agglomerati dove migliaia di persone vivono in spazi sovraffollati e malsani, senza alcuna possibilità di tenere una benché minima distanza interpersonale, né di restare a casa dal lavoro. Il mensile FQ Millennium ha raccontato l’emergenza coronavirus nella più grande favela del Brasile, quella di Rocinha, sulle colline di Rio de Janeiro, dove vivono, in pochi chilometri quadrati, 150mila persone circa. Il fotografo locale Leonardo Carrato descrive con queste parole che accompagnano i suoi scatti la situazione nelle favelas: “Disuguaglianza sociale, mancanza di investimenti pubblici, brutalità delle polizia, traffico di droga, mancanza di pianificazione urbana, vicoli malsani”.
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Il presidente Jair Bolsonaro definisce il Covid-19 “una piccola influenza” ma in realtà il virus sta facendo una strage in Brasile
Già la vicinanza alla foresta e le baracche troppo ammucchiate l’una all’altra fanno diventare l’ambiente incredibilmente umido, tanto che Rocinha detiene il record di malattie respiratorie a Rio de Janeiro. Poi è arrivato anche il virus e, quella che il presidente Bolsonaro chiama “una piccola influenza” sta facendo una strage, con un tasso di mortalità che le Ong impegnate sul campo stimano essere ben del 30%, cioè molto più alto di quello calcolato nei Paesi occidentali, che è in genere inferiore all’1-1,5%. Data la completa assenza di piani d’intervento credibili, ai brasiliani non resta altro che un dilemma con cui fare i conti tutti i giorni: restare in isolamento in casa e morire di fame, o uscire e rischiare l’infezione.
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E poi si rischia di contagiare i tuoi cari, dato che le tutte famiglie vivono in spazi molto affollati, senza alcuna possibilità di isolare i malati.