I cambiamenti climatici portano ad un caldo record in Siberia. Si tocca il picco di 38 gradi, 17 in più rispetto alla temperatura media di metà giugno
Temperature record al Circolo Polare Artico che soffre il caldo come non mai. In Siberia, una delle regioni più fredde al mondo, si registrano picchi di caldo mai toccati prima d’ora.
Il massimo è stato registrato sabato scorso nel villaggio di Verkhoiansk. Qui sono stati registrati 38 gradi centigradi, ben 17 in più rispetto alle normali temperature del mese di giugno che si aggirano intorno ai 20 gradi.
Quasi il doppio della media stagionale, fatto che preoccupa non poco e che però sta passando quasi inosservato, davanti al mondo che al momento ha gli occhi catalizzati sull’emergenza coronavirus.
Il fatto è segnalato anche dall’Onu che segue proprio le stime di The Weather Channel. Il portale, infatti, ha spiegato come Verkhoiansk, che si trova a 4.600 km a Nord-est di Mosca, situato oltre il Circolo Polare Artico, sia un paesino di circa mille abitanti e qui la temperatura è abbastanza oscillante. Si toccano punte di -68 ° C fino ad un massimo di 37,2 ° C ma la media stagionale non va quasi mai oltre i 20°.
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In Siberia non è la prima volta, nell’ultimo periodo, che si registrato temperature anomale. Sono state diverse le volte in cui la colonnina di mercurio è salita in modo vertiginoso ultimamente. E le conseguenze sono state evidenti.
Diversi gli incendi boschivi divampati e centinaia e centinaia di ettari di boschi distrutti. Sarebbero oltre 275 mila gli ettari di alberi persi solo nella Repubblica di Sakha secondo i dati forniti dall’Avialesokhrana, l’agenzia governativa che monitora gli incendi nei boschi.
A questo è da aggiungere anche la difficoltà per i raccolti, non solo danneggiati ma anche assaliti da un’infestazione di tarme mangia-alberi.
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E poi non si deve dimenticare il recente disastro petrolifero scaturito proprio a causa dello scioglimento del permafrost dovuto alle eccessive temperature calde.
Insomma una serie di disastri ambientali a catena che delineano quasi uno scenario apocalittico che preoccupa non poco gli scienziati che monitorano l’area già da tempo.
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