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Interviste

Marco Vannini, intervista a Mamma Marina: “Io e il mio libro per Marco, è stato difficile..”

Nella notte tra il 17 ed il 18 maggio 2015, e’ morto il povero Marco Vannini. E’ deceduto in maniera assurda il giovane ragazzo di 20 anni. Il bagnino muore dopo essere stato raggiunto da un colpo di pistola esploso mentre si trovava in casa della fidanzata, Martina Ciontoli.

 

Marco Vannini e la madre Marina Conte (foto dal web)

Lo scorso 7 febbraio, la Corte di Cassazione ha deciso che dovrà tenersi un nuovo processo d’appello in merito alla morte di Marco Vannini, il ragazzo ucciso da un colpo di pistola mentre si trovava in casa della fidanzata. Dovranno, dunque, affrontare un nuovo processo Antonio Ciontoli ed i suoi familiari, i due figli Martina e Federico, e la moglie Maria Pezzillo, condannati in appello rispettivamente a 5 e 3 anni per omicidio colposo.

Noi abbiamo deciso di intervistare Marina Conte mamma di Marco Vannini, che ci ha parlato del Libro scritto per il Suo Marco: “Mio figlio Marco”. I proventi andranno in beneficenza ai comuni di Cerveteri e Ladispoli per attività sociali.

 

Sono trascorsi oltre 5 anni dalla morte di Marco, precisamente dalla notte del 17 maggio 2015 Cosa ricorda di quei momenti?

“Ricordo tutto di quei momenti. Chiaramente non so quello che sia successo in quella casa ma dall’arrivo al Pit, il posto di primo intervento, ricordo di essere stata tratta in inganno dalla famiglia Ciontoli perché avevano 110 minuti di vantaggio rispetto a me. E quindi io ero talmente preoccupata per la vita di mio figlio, che non pensavo a quello che poi sarebbe accaduto e tutte le menzogne che avevano raccontato. Per me, a distanza di 5 anni, sapere di essere stata tratta in inganno da una famiglia che diceva di amare mio figlio, mi fa stare molto male”. 

È da poco uscito il suo libro in cui racconta tutta la vicenda di Marco, quanto è stato duro dover rimettere insieme i ricordi?

“Molto, mi è costato tanto perché tra le tante cose, mio figlio era un ragazzo molto riservato e quindi all’inizio non sapevo se scrivere questo libro perché sapevo quanto appunto era riservato, però alla fine, l’ho scritto per amore di Marco perché non viene ricordato solo per la vicenda giudiziaria ma per quello che era, anche perché la famiglia Vannini darà i proventi al Comune di Cerveteri e Ladispoli per attività sociali. Io voglio che tutti conoscano Marco”.

I proventi del libro andranno In beneficenza. Come è nata l’idea di scrivere questo libro?

“Il 28 luglio del 2019 siamo stati invitati al Premio Mattarella, dedicato a Marco per la giustizia. Durante la premiazione, c’era un giornalista, Mario Valentini, che poi è arrivato secondo. Lui durante la sua premiazione ha parlato di Marco e sentendo le sue parole ha acceso in me la voglia di scrivere questo libro insieme a lui. Da subito c’è stato questo feeling”.

Ci racconta se vuole un aneddoto di Marco, qualcosa che le manca di più

“Marco ci manca tanto sempre: in ogni momento della giornata è presente nella mia mente. Quello che ricordo maggiormente è quando mi è arrivata una telefonata da una professoressa alle medie. Era di venerdì e lei voleva parlarmi e siccome Marco era sempre stato giudizioso e fin da piccolo era un ometto in miniatura, andai da lui e gli chiesi cosa avesse combinato. Lui mi disse che non aveva fatto niente. Io gli risposi che se aveva fatto qualcosa non l’avrebbe passata liscia. Andai quindi a parlare con la professoressa e lei mi disse che mio figlio aveva fatto un tema sul patrono di Cerveteri, San Michele Arcangelo, e aveva vinto un premio a Roma e me lo voleva comunicare di persona. Quindi tornai a casa e Marco era sui libri molto agitato che mi guardava con una faccetta discola e io gli dissi: ‘Marco, amore de mamma, sei sempre l’orgoglio mio, in ogni occasione. Anche oggi che avevo pensato male di te, la professoressa mi ha raccontato quello che ho detto adesso'”.

Marco Vannini (foto dal web)

A febbraio la Corte di Cassazione ha disposto un nuovo processo d’appello, come ha reagito a questa notizia? Ci sperava?

“Dopo l’appello ero molto demoralizzata. Poi quando mi hanno intervistata, ho proprio detto che ci volevo sperare. Io poi l’ho chiamato miracolo: la Cassazione ha fatto questo miracolo. Spero che questo luglio potremo riuscire ad avere giustizia per nostro figlio e ridargli quella dignità che la famiglia Ciontoli gli ha tolto”.

Quando hanno letto la sentenza era arrabbiata e non so come abbia fatto a mantenere la calma

“È stata molto dura. A me non andava bene già il primo grado di giudizio quando a lui gli avevano dato 14 anni e a loro gli avevano riconosciuto il colposo e gli avevano dato 3 anni. E Viola Giorgini l’avevano scagionata. Sapere poi che in appello anche a lui avevano dato 5 anni, che con vari sconti di pena si sarebbe fatto 9 mesi di carcere è stata dura. Poi il messaggio che arriva alla comunità: tu ammazzi una persona e la fai franca. Pensare poi che mio figlio è morto a 20 anni con una vita davanti e loro ancora stanno in giro a distanza di 5 anni, per me è stato pesante”. 

 

VIDEO INTERVISTA ALLA MAMMA DI Marco Vannini, MARINA CONTE

 

Le motivazioni della Cassazione Furono: “Marco Vannini morì per il ritardo nei soccorsi”. Forse questa è la cosa che la ossessiona di più o il modo assurdo con cui i Ciontoli hanno raccontato l’omicidio di suo figlio?

“Sapere che mio figlio si poteva salvare e la famiglia che diceva di amarlo l’ha lasciato morire, sono entrambe due cose che mi ossessionano. E soprattutto non dimentichiamoci la chiamata al 118: quando io e mio marito l’abbiamo ascoltata è stato come vivere l’agonia di Marco e non abbiamo potuto fare niente perché a noi l’hanno detto quando è arrivata l’ambulanza che stava portando via Marco, perché se fossimo stati chiamati prima, mio figlio sarebbe stato qua adesso. Non ci hanno chiamato perché dietro a tutto questo c’è un’altra verità che avrebbe potuto raccontare Marco ma che purtroppo non può perché non c’è”.

Più volte ha chiesto pubblicamente giustizia per Marco, in cosa spera adesso dopo la decisione della Cassazione?

“Spero di avere giustizia. Sono 5 anni che mi batto perché devono essere riconosciute delle pene giuste per loro. Credo che ci debba essere un messaggio importante perché non puoi uccidere una persona e farla franca. Loro non hanno allertato i soccorsi per 110 minuti e non hanno fatto niente per salvarlo. Come ha detto il procuratore generale in Cassazione, loro hanno avuto una condotta omissiva, non veritiera e reticente. Io con parole più semplici, ho sempre detto quando, andavo nelle trasmissioni, che non è stato il colpo d’arma da fuoco a ucciderlo ma è stata la condotta successiva. Loro erano in quella casa e dovevano decidere per la vita di Marco, tanto più che era il ragazzo di Martina ed era cresciuto in casa loro. Se fosse successo a Martina, noi non stavamo davanti a una telecamera a parlare di processo bis”.

Marco Vannini (foto dal web)

Il caso di Marco ha riempito telegiornali, quotidiani e programmi di approfondimento, questo a suo avviso ha contribuito nello sviluppo della vicenda?

“La pressione mediatica c’è stata ma è scaturita dalla condotta dei Ciontoli. Io venni contattata nell’immediatezza dei fatti dalla Sciarelli che mi chiese di raccontare di mio figlio. Credo che esista ancora l’Italia per bene, ce n’è tanta. Ognuno di noi si è immedesimato nel caso ed è normale che la gente voglia sapere. La pressione mediatica c’è stata e sono contenta che ci sia stata. Se non ci fosse stata sarebbe finito tutto a Civitavecchia e sarebbe stato solo un omicidio colposo, un incidente”.

A cura di Michele D’Agostino, Federica Massari e Marco Spartà

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