Il figlio di Michael Schumacher, Mick, ha rilasciato alcune dichiarazioni affermando di aver utilizzato altri nomi durante le competizioni per passare inosservato.
Mick Schumacher, figlio del pluriridato campione Michael, ha deciso di seguire le orme del padre. Un percorso, il suo, in discesa non per il nome che porta ma per l’incommensurabile talento che gli scorre nelle vene. Il giovane, attualmente pilota di Formula 2, sin dal suo esordio ha dimostrato di essere un fuoriclasse, di essere un pilota di eccezionale livello.
Proprio perché conscio delle sue capacità ha dichiarato che a volte, durante le competizioni sportive, ha cambiato il suo nome per passare inosservato. Gareggiava sotto copertura per non essere indicato come “figlio di suo padre”, bensì come il determinato pilota che è e che vuol essere.
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Il figlio di Michael Schumacher, Mick, è un astro nascente dell’automobilismo. Il giovane, cui obbiettivo ultimo è quello di approdare in F1, ha iniziato la sua scalata al successo con i kart fino a raggiungere la Formula 2 in cui adesso gareggia. È un pilota della Prema Powerteam, nonché membro della Ferrari Driver Academy.
Il suo è un nome importante, un nome che pesa anche a chi come lui possiede un talento naturale. Una circostanza di cui Mick non ha mai fatto mistero. In una recente intervista, riporta Il Mirror citando Under Armour, ha infatti dichiarato che era solito cambiare nome durante le competizioni, per passare inosservato. Basti pensare che, riporta il tabloid britannico, ai suoi inizi ha esordito come “Mick Betsch”, utilizzando il cognome da nubile della madre Corinna.
“Mi sono reso prestissimo conto di voler divenire un pilota di F1, un vero campione. Iniziai a gareggiare con i go-kart quando avevo tre anni; forse allora non era ancora un vero go-kart” ironizza Mick ndr. Ed aggiunge: “Ho continuato a gareggiare fino a quando ne avevo otto. Raggiunti gli 11, 12 anni, presi coscienza che volevo farlo a livello professionistico“.
Poi la confessione che lascia comprendere l’umiltà del giovane Mick e la vera voglia di sfondare senza sfruttare lo storico passato del padre. “Ho usato – riporta The Mirror– nomi diversi per rimanere sotto copertura. Miglioravo costantemente, senza fare troppo rumore. Senza passare come ‘il figlio di mio padre’“.
Mick poi prosegue affermando, mostrando la stoffa di vero campione: “Onestamente, non sento alcuna pressione. Né quella di portare avanti il cognome né quella di ricalcare le impronte di mio padre“.
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In chiosa il giovane pilota afferma che la maggior parte dello stress deriva da quelli che sono e dagli obbiettivi prefissati: “Penso a cosa ho fatto di sbagliato e a come posso migliorare“.
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