Al via il nuovo processo d’appello per la morte di Marco Vannini, deceduto nella notte tra il 17 ed il 18 maggio 2015. Parla Federico, il fratello dell’ex fidanzata di Marco
Questa mattina è partito il processo d’appello per la morte di Marco Vannini, il ragazzo morto dopo essere stato raggiunto da un colpo di pistola alla spalla nella notte tra il 17 ed il 18 maggio 2015 mentre si trovava in casa della fidanzata a Ladispoli (Roma). La decisione era stata presa lo scorso 7 febbraio da parte della Corte di Cassazione dopo aver accolto la richiesta da parte delle parti civili e del sostituto procuratore.
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5 anni di reclusione per Antonio Ciontoli, questa la sentenza stabilita dal secondo grado di giudizio con la riformulazione dell’accusa da omicidio volontario ad omicidio colposo. Condannati inoltre a 3 anni anche i familiari di Ciontoli: la moglie Maria Pezzillo e i due figli Federico e Martina, l’allora fidanzata di Marco.
Udienza a porte chiuse quella iniziata stamane e che ha visto parlare nel banco degli imputati Federico Ciontoli, fratello di Martina la ragazza di Marco. Durante la prima udienza del processo bis iniziato oggi Federico ha letto una dichiarazione spontanea davanti ai giudici: spiega infatti come lui quella notte di cinque anni fa ha creduto a ciò che gli aveva detto il padre, ossia che Marco stava male perché si era spaventato dopo uno scherzo e che stava giocando.
“La verità – ha detto Federico – è che io ho chiamato i soccorsi pensando che si trattasse di uno spavento, figuriamoci se non l’avrei fatto sapendo che era partito un proiettile. Se avessi voluto nascondere qualcosa, perché avrei chiamato subito l’ambulanza di mia spontanea volontà dicendo che Marco non respirava e perché avrei detto a mia madre che non mi credevano e di fare venire i soccorsi immediatamente? Vi prego: non cadete in simili suggestioni che non sono totalmente contraddette dalla realtà“.
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E continua: “Non c’era niente che mi spinse a non credere in quello che mio padre chiamò colpo d’aria, del cui significato non mi interessai più di tanto essendo stato solo uno scherzo. Mio padre diceva che Marco si era spaventato per uno scherzo, e io gli credetti perché non c’era nessuna ragione per non farlo”.
“Sono qui – ha aggiunto infine Federico – non per paura di essere condannato, ma perché la verità è quello che ho sempre raccontato. Per anni sono sceso per strada con la certezza che qualche giornalista mi sbarrasse la strada, mi pedinasse o bloccasse la portiera dell’auto per non farmi partire e forzatamente cercasse di estorcere un’intervista, come ormai avveniva abitualmente”.
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La madre di Marco, Marina Conte, che in questi anni si è prodigata anima e corpo insieme al marito perché giustizia venisse fatta, è incredula di fronte alle dichiarazioni rilasciate oggi in aula. “Quella di Federico Ciontoli è stata una dichiarazione vergognosa, non ha detto neanche una parola per Marco. Ancora non riescono a capire che è morto un ragazzo di 20 anni. Continuano a girare il coltello nella ferita”.
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