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Interviste

Intervista a Sara D’Amario: “Mi piace emozionare gli altri”

Intervista esclusiva a Sara D’Amario per Yeslife magazine. “Libertà, generosità e disciplina: questo è arte”, il racconto dell’attrice

credits- François-Xavier Frantz

Sara D’Amario è una grande attrice italiana. Il suo talento e la sua esperienza l’hanno condotta verso strade diverse, accumunate da un’unica passione, quella della recitazione. Infatti, la donna ha lavorato sia al cinema, sia sul piccolo schermo ma anche a teatro. Da qualche anno insegna recitazione ad una classe di teatro in collaborazione con il regista francese Francois-Xavier Frantz.

Sara non è solo un’attrice, ma anche una scrittrice. La donna ha pubblicato quattro romanzi.

Abbiamo avuto il piacere di conoscere più da vicino Sara a cui abbiamo fatto molte domande poiché incuriositi. L’attrice è stata molto disponibile ed ha soddisfatto le nostre richieste.

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La banda dei Babbi Natale- Genovese

Com’è nata la passione per la recitazione?

Faccio sempre ridere tutti quando dico che da bambina dicevo a mia madre che da grande avrei fatto il pagliaccio. Infatti ad ogni carnevale lei voleva vestirmi da fatina, da principessa ma non c’era niente da fare perché io volevo solo vestirmi da pagliaccio. Credo che un po’ io ce l’avessi questa cosa. Poi ho iniziato quando ero più grande una scuola di teatro amatoriale e quando a 19 anni mi sono diplomata al Liceo è stato l’anno in cui Luca Ronconi ha aperto una scuola nazionale per formare gli attori. Abbiamo fatto il concorso mi ha presa. E ancora mentre ero lì, non ero sicurissima, non sapevo se sarebbe stata la mia strada in realtà. La decisione è arrivata quando dopo il diploma alla scuola di Ronconi ho iniziato immediatamente a lavorare e lì ho capito che era la mia strada e non l’ho più lasciata. Ormai sono 27 lunghi anni…

Qual è stata la tua prima esperienza?

La prima in teatro, dopo il diploma mi hanno chiamato al Teatro Stabile di Trieste a fare Intrigo e Amore, uno spettacolo bellissimo di Shiller, la cui protagonista giovane è Luisa Miller e quindi io ero la protagonista giovane, avevo neanche 21 anni. Quello è stato proprio lo spettacolo del mio debutto.

Cosa vorresti dire ai tuoi allievi che entrano a far parte di questo mondo?

È un mondo difficile ma lo sono tutti, è un mestiere complicato che ha tante contraddizioni ma è anche meraviglioso. Quando uno lo abbraccia non lo vuole più lasciare se è la propria strada, malgrado le tante difficoltà. Quello che dico sempre è che bisogna cercare di divertirsi pur studiando tanto. Non bisogna mai smettere di studiare, di essere curiosi, di leggere, di guardare i colleghi anche per prenderne le distanze. E poi di non spaventarsi se hanno paura. La paura è una compagna costante degli attori e delle attrici ma bisogna imparare a gestirla o camuffarla.

Cos’è per te la recitazione?

Non è importante che l’attore si emozioni, l’importante è che chi ci guarda si emozioni. Il motivo per cui io faccio l’attrice e resisto da così tanti anni è proprio il piacere di dare delle emozioni a chi mi guarda e chi mi ascolta. Di tanti tipi, quando faccio la super pazza o la tragica, quando faccio la comica.

Teatro, cinema e televisione. Qual è il tuo mondo preferito?

Che domanda difficile. Dunque, per alcuni versi, per il rapporto con il pubblico preferisco il teatro perché c’è una risposta immediata a quello che fai, senti il respiro di chi ti sta davanti, senti le reazioni che ti arrivano come ritorno. Negli anni però ho imparato anche a rispettare anche altri tipi di pubblico. Per esempio, su un set cinematografico televisivo la troupe è il mio pubblico. Benché siano impegnati a fare il loro lavoro, se io dopo una scena super drammatica vedo l’operatore di macchina fare capolino da dietro la macchina da presa con i lucciconi agli occhi per me quello è un grande successo. Siccome le tecniche sono differenti, dal teatro al cinema alla televisione, faccio fatica a scegliere perché sono estremamente curiosa e quindi tutte queste tecniche diverse mi divertono quando le devo usare. Non mi fermo solo a una, le voglio usare tutte.

Non solo attrice, ma anche scrittrice. Cosa ti ha spinta ad intraprendere questa carriera?

Sicuramente la passione per la scrittura viene da due cose, dal fatto che sono una lettrice vorace e poi perché sono curiosa. Mentre studiavo alla scuola di Ronconi ho deciso che comunque volevo fare l’università e mi sono laureata in lettere moderne e mi sono specializzata in storia del teatro e in particolare in drammaturgia. Mi sono lasciata rapire dallo studio delle strutture, di come sono scritti i testi. Mentre giravo un film per il cinema che è La ragazza del Lago, ed eravamo in un posto idilliaco, a me è venuta in mente la scena di un terribile incidente e mi è venuta l’idea di questa prima storia che ho scritto che si intitola Nitro che è il mio primo romanzo. Lì ho fatto una scelta, mi sono detta ma questa storia la voglio scrivere per me o la voglio scrivere per raccontarla a qualcuno? E ho deciso di scriverla per gli altri.  E quella è la differenza. Quando decidi di scrivere per qualcun altro devi essere estremamente disciplinato per cui la fatica che si fa e a cui bisogna obbligarsi, è quella di, non solo essere nella propria testa, ma di cercare di rendere chiarissimo e comprensibile quello che hai nella propria testa. Ho fatto quello sforzo però ne sono felice. Anche in questa lunga quarantena ho scritto il mio nuovo romanzo. Ora sono nella fase di revisione.

Che sensazione si prova dopo aver scritto un libro?

Mah, dunque è bella perché a differenza del mestiere dell’attore in cui tu sei chiamato a dare vita al personaggio che qualcuno ha creato e tu sei solo uno strumento e devi cercare di entrare nella testa dell’altro per aderire il più possibile a quello che aveva nella testa per quel personaggio, la cosa è emozionante, un processo euforico perché improvvisamente sei tu che crei il mondo. E’ esaltante. E’ ovvio che poi il ritorno dei lettori e quindi anche durante  gli incontri con le presentazioni dei romanzi è un momento bellissimo. C’è un confronto con i lettori anche con quelli che magari non hanno amato la tua storia oppure ti fanno delle domande a cui tu non avevi neanche pensato. Io cerco di scrivere in modo da lasciare uno spazio creativo ai lettori, mi piace che anche loro siano guidati e non si perdano, però che abbiano uno spazio in cui possano immaginare e vedere e creino anche loro insieme a quelle parole scritte. Il momento di questi incontri è bellissimo e di grande scambio, in cui imparo anche tanto.

Come trovi l’ispirazione adatta per scrivere?

Mi viene in mente la storia, non tutta, anche solo una scena. Mi viene in mente il protagonista, ho un’idea e allora inizio a costruire una struttura. E su questa struttura inizio a fare un po’ di incastri e cerco di capire come condurre quel personaggio che mi è venuto in mente, con quell’idea che si porta dietro, e cerco di capire come aiutare quel personaggio a raccontare la sua storia.

Hai mai pensato di diventare regista?

In parte, per quanto io pensi che ognuno debba fare il proprio mestiere, quando guido questi giovani talenti durante le lezioni non è solo tecniche e trucchi di recitazione ma indubbiamente c’è un po’ di regia, per quanto io mi avvalgo della collaborazione del regista francese. Ho imparato molte cose da lui su come poi insieme conduciamo questi attori durante le prove. Poi per il futuro…chi lo sa.

Durante la quarantena hai ideato progetti nuovi?

Io ne ho approfittato per scrivere il nuovo romanzo e ho scritto altri due spettacoli.

la ragazza del lago

Cosa senti di dire al mondo dello spettacolo riguardo al lockdown?

Una cosa molto semplice. Se veramente tra poco si potrà riprendere il treno e sederci uno accanto all’altro, mi chiedo perché allora non mi posso sedere accanto a qualcuno in teatro o dentro al cinema?

Un’ultima domanda, per te che cos’è l’arte?

Libertà ma disciplina. Libertà di creare, di interpretare e quindi anche generosità, perché se non sei generoso difficilmente passi qualcosa agli altri. E disciplina, perché se non sei disciplinato non reggi. Ci vuole tanta tenacia, tanta costanza per non mollare e tanta disciplina per, non solo abbandonarsi alla creazione, ma incanalare la creatività e il talento in qualcosa che serva anche agli altri.

Beatrice Manocchio

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Video dell’intervista integrale

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