Secondo i ricercatori italiani, in chi si è già ammalato gli anticorpi preesistenti riuscirebbero a sopravvivere e creerebbe una risposta infiammatoria moltiplicata con una riduzione della risposta innata
Sta girando in queste ore uno studio dalla firma tutta italiana e pubblicato sulla rivista BMJ Global Health, che sostiene che coloro che si sono ammalati e sono guariti dal Covid non sono protetti a vita dagli anticorpi, ma anzi rischiano di ammalarsi nuovamente sviluppando la forma più grave.
Gli anticorpi erano già stati studiati approfonditamente ad inizio pandemia per avere un riscontro sugli effetti che il virus aveva sul corpo umano, e già allora erano state avanzate solo ipotesi sull’effettiva durata delle protezioni. Lo studio italiano che si inserisce nel quadro di queste ricerche, è nato dalla collaborazione tra l’IRCCS Burlo Garofalo di Trieste ed alcuni ricercatori della London School of Hygiene & Tropical Medicine.
Nell’intervista rilasciata a Repubblica, Luca Cegolon, medico epidemiologo alla Ausl 2 della Marca Trevigiana e firmatario dello studio, ha spiegato: “Abbiamo preso spunto per questa ricerca osservando l’andamento della malattia, in particolare l’elevata trasmissibilità e il tasso di casi severi in generale tra gli operatori sanitari anche giovani sia in Italia che in Cina, come dimostra il caso del medico cinese trentenne di Wuhan, deceduto e da cui tutto è partito“.
Leggi anche —> Covid-19, in arrivo il nuovo Dpcm: le misure che entreranno in vigore dal 14 luglio
Cegolon continua: “L’immunità da Sars-Cov-2 acquisita con la guarigione non sarebbe permanente e non sembra proteggere dalle re-infezioni da Coronavirus, ma non solo: gli anticorpi sviluppati potrebbero essere un boomerang alleandosi con il virus stesso durante infezioni secondarie per facilitarne l’ingresso nelle cellule bersaglio, e sopprimendo l’immunità innata e scatenare o amplificare una reazione infiammatoria importante dell’organismo“.
Cosa vuol dire in soldoni questo? Che in caso di seconda ondata autunnale, anche chi si è ammalato durante la prima potrebbe ammalarsi nuovamente, sviluppando la forma più grave.
Ipotesi delle reinfezioni, vediamo il meccanismo degli anticorpi
Il nuovo Covid (Sars-Cov2) appartiene alla famiglia dei “coronavirus umani” di cui ne esistono 7 ceppi diversi, 4 di questi sono responsabili delle sindromi respiratorie lievi come il raffreddore. “Tutti sono noti per causare re-infezioni, indipendentemente dalla cosiddetta immunità umorale, cioè quella che si acquisisce quando ci si ammala sviluppando gli anticorpi“, spiega Cegolon. Per i ceppi più pericolosi di coronavirus, il Mers-CoV ed il Sars-CoV, è stato identificato e riconosciuto un fenomeno immunologico noto come Antibody Dependent Enhancement (Ade), scatenato da re-infezioni.
“In pratica – spiega il medico trevigiano – non solo l’immunità acquisita non sembra proteggere dalle re-infezioni da coronavirus, ma può addirittura diventare un boomerang, alleandosi con il virus stesso durante infezioni secondarie per facilitarne l’ingresso nelle cellule bersaglio, sopprimere l’immunità innata e scatenare o amplificare una reazione infiammatoria importante dell’organismo“. In pratica si rischia con una nuova ondata in autunno di riammalarsi anche se si è già contratto il virus.
Leggi anche —> Coronavirus, il bollettino del 13 luglio: i dati dell’epidemia
Non si tratta di uno studio finale, ed infatti Cegolon ha specificato che “sia in Italia che in Gran Bretagna si stanno approntando studi sierologici per verificare se gli anticorpi proteggono dall’infezione o no. Si tratta di ricerche che si concentrano soprattutto sugli operatori sanitari perché il virus gira di più negli ospedali sia perché ci sono malati sia perché sono ambienti chiusi“.
Leggi anche —> Covid-19 ora colpisce i giovani: l’allarme dallo Spallanzani
Qualora l’ipotesi descritta nello studio dovesse trovare conferma, sarebbe anche difficile trovare un vaccino efficace nei prossimi mesi. Attualmente infatti per nessun Coronavirus è stato possibile produrre e commercializzare un vaccino proprio per le ragioni spiegate nello studio studio, ovvero “i coronavirus sono noti per causare re-infezioni, indipendentemente dall’immunità acquisita“.
Per ora Cegolon consigli di sottoporsi al comune vaccino influenzale a partire da ottobre prossimo per limitare almeno in parte i danni ed escludere l’influenza in caso di contagio.
Se vuoi essere sempre informato in tempo reale, seguici sulle nostre pagine Facebook, Instagram e Twitter.