Durante il corso del processo per l’omicidio di Cerciello Rega, emergono nuove informazioni riguardo quella tragica notte. A parlare è il collega del vicebrigadiere.
Era la notte del 26 luglio 2019 quando a Roma il vicebrigadiere Mario Cerciello Rega fu accoltellato da due 20enni americani. Da allora ha avuto inizio una trafila di eventi che hanno trovato nelle intercettazioni della madre di uno dei ragazzi e nell’audio nascosto dai carabinieri i risvolti più recenti. Finnegan Lee Elder e Gabriele Natale Hjorth sono ad oggi accusati di omicidio volontario ed Andrea Varriale, collega dell’agente rimasto ucciso, è il teste privilegiato. Era lui, infatti, l’altro carabiniere in servizio quella tragica notte.
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Omicidio Cerciello Rega, Varriale riguardo all’arma: “Mia responsabilità”
“Non portare l’arma quella sera è stata una decisione esclusivamente mia, una mia responsabilità” ha raccontato Varriale, spiegando anche che nel turno precedente, svoltosi in zona Termini, i due avevano con sé l’arma di ordinanza. Termini è infatti considerata una zona generalmente malfamata. Il carabiniere ha poi chiarito alcune dinamiche di quella notte, sostenendo di aver mostrato il distintivo ai due ragazzi, prima di riporlo nuovamente in tasca, così da avere le mani libere.
Il dettaglio riportato da Varriale riguardo al distintivo è di fondamentale importanza, perché l’intero processo si gioca intorno al dubbio di legittima difesa. Questo è infatti quanto sostenuto dagli avvocati di Elder e Hjorth, secondo i quali i due 20enni americani avrebbero attaccato per primi, per paura che gli agenti in borghese fossero dei malintenzionati.
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