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Covid 19

Coronavirus, Palù sul vaccino americano: “funziona nei macachi ma non è per tutti”

Il virologo dell’Università di Padova ha parlato del vaccino contro il coronavirus e degli studi fatti. Non tutti in autunno lo avranno

vaccino (getty images)

In questi ultimi giorni si sta parlando in modo prepotente del vaccino e di un suo possibile arrivo in commercio prima di quanto crediamo. Prima con la notizia dell’America che parla dell’autunno e poi con quella della Russia che ha lanciato addirittura la data del 10 agosto come tappa per l’approvazione.

A commentare i dati sul vaccino americano, quello ad Rna modificato sviluppato dalla società Moderna, è il virologo Giorgio Palù, past president della Società europea di virologia e docente dell’università di Padova. Il vaccino, come ha spiegato lo studioso è stato somministrato dal gruppo di ricercatori guidato da Barney S. Graham, il vicedirettore del Centro per la ricerca dei vaccini presso l’Istituto nazionale per le allergie e le malattie infettive, ai macachi rhesus. A loro sono state iniettate due dosi a due diversi dosaggi. Dopodiché gli animali sono stati infettati con il virus.

Secondo gli studi fatti il vaccino funziona e anche bene. È capace di indurre una marcata risposta immunitaria, ha detto Palù, grazie alla produzione di anticorpi che riescono a contrastare il virus.

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Coronavirus, Palù sul vaccino: “A novembre ma non per tutti”

Giorgio Palù (ilgazzettino.it)

Dopo le specifiche tecniche il virologo Giorgio Palù passa alla pratica spiegando altre caratteristiche del vaccino che si sta approntando in America. Un dato positivo è risultato dal fatto che il vaccino spinge la le cellule linfocitiche ad aggredire il virus e a produrre anche degli anticorpi.

Per il momento i dati sono positivi ha detto lo studioso e il “vaccino sembra funzionare bene” ma non c’è da esultare al settimo cielo e c’è un motivo ben preciso. Palù, infatti, ha voluto ricordare che anche se il vaccino sarà pronto in autunno, tra ottobre e novembre, non sarà certo per tutti.

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(GettyImages)

“Da noi non verrebbe comunque somministrato su larga scala, cioè a tutti”, la sua puntualizzazione. Questo perché sarà indirizzato prima ai soggetti più a rischio, come medici e infermieri, e anche in via sperimentale come è stato fatto per il farmaco contro l’Ebola. “Perché arrivi a tutti bisognerà aspettare altri 2-3 anni” ha concluso.

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